Dopo lo stop di due anni a causa della pandemia, papa Francesco ha incontrato sabato mattina presso il Cortile di San Damaso all'interno del Palazzo apostolico, i piccoli partecipanti all'ottava edizione del "Treno dei bambini", evento organizzato dal Pontificio Consiglio della Cultura nell'ambito della più ampia iniziativa denominata "Cortile dei Gentili". I bambini erano accompagnati da alcuni adulti e, dopo il saluto del cardinale Gianfranco Ravasi, prefetto del dicastero, di Antonio Organtini, direttore generale dell'Istituto di assistenza Sant'Alessio-Margherita di Savoia di Roma frequentato dai bambini, e di Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura che collabora all'evento, sono i bambini a parlare con il Papa, a fargli con franchezza le domande che hanno in cuore e, qualche volta, a suggerirgli qualcosa.
Un bimbo ucraino, uno dei profughi che si trova ora a Roma dove ha trovato accoglienza, si è rivolto così al Pontefice: «Mi chiamo Sachar, vengo dall’Ucraina. Non ho una domanda ma piuttosto una richiesta: può venire in Ucraina per salvare tutti i bambini che adesso soffrono lì?». Francesco ha risposto: «Sono contento che tu sia qui: io penso tanto ai bambini in Ucraina, e per questo ho inviato alcuni cardinali che aiutino lì e siano vicino a tutta la gente, ma soprattutto ai bambini. Io avrei voglia di andare in Ucraina; soltanto, devo aspettare il momento per farlo, sai?, perché non è facile prendere una decisione che può fare più del male a tutto il mondo che del bene. Devo cercare il momento giusto per farlo. Questa settimana prossima io riceverò rappresentanti del governo dell’Ucraina, che verranno a parlare e a parlare di una eventuale visita mia lì: vediamo cosa succede». Ai bambini fa effetto trovarsi di fronte ad una personalità così importante come il Papa, che parla con tutti i grandi della terra, che ha viaggiato tanto, che però sta anche con i più poveri e i piccoli. Sono curiosi di sapere che cosa significa fare il Papa, se è un "lavoro" pesante e in che modo Francesco sente su di sé la responsabilità del suo ruolo.
«L'importante è non essere persone artificiali»
Mattia chiede a Bergoglio questo: «So che hai visitato molti Paesi dell’estero, soprattutto Paesi poveri, per parlare con i capi di Stato e anche pregare per quei Paesi, per migliorarli. Ma secondo te, qual è stato il Paese che hai visitato che è migliorato di più grazie a te? Nella sua risposta Papa Francesco gli spiega che ogni Paese ha la propria peculiarità ma che la peculiarità più ricca di un Paese è la sua gente. Ogni persona è differente, è distinta, ha la propria ricchezza: «Anche qui: ognuno di voi ha la propria ricchezza, la ricchezza della propria anima, perché il cuore di ognuno di noi, l’anima di ognuno di noi non è uguale all’altra: no! Non esistono i cuori uguali, le anime uguali: ognuno di noi ha la propria ricchezza e questo anche conta per i Paesi. Nel Paese che io visito, ho visto sempre ricchezze speciali: questo di questo modo, questo dell’altro … e questa è la bellezza della creazione».
Ma come ci si sente a essere il Papa? Chiede Edgar. «L’importante, in qualsiasi mestiere in cui la vita ti metta, è che tu non lasci di essere tu», non bisogna essere persone artificiali, la risposta del Papa, che prosegue: «Allora, come sento io come Papa? Come una persona, come ognuno di voi nel proprio mestiere, nel proprio lavoro. Perché anche io sono una persona come voi e se io ho questo mestiere devo guardare di farlo nel modo più umile e più secondo la mia personalità, senza cercare di fare cose estranee a quello che io sono».
Ma è faticoso essere Papa? Gli domanda ancora Caterina. Qualsiasi compito che svolgiamo ha una parte di fatica, risponde Francesco, ma «Dio dà le forze per portare le proprie fatiche» e si deve portarlo avanti «con onestà, con sincerità e con il lavoro». David rivolge una domanda che al Papa piace tanto: come si sente a stare così tanto a contatto con il Creatore della Terra, cioè Dio? Ricordarsi che Dio è con noi è molto importante dice Francesco, sentirsi guardati da lui ci aiuta a fare il nostro lavoro. E poi sottolinea: «Ma la cosa brutta è quando noi non vogliamo sentire vicino il Signore, e la nostra preferenza è sentire vicino questo, questo, questo ma allontanare il Signore. No. Il segreto è: sentire il Signore vicino. E questo ti accompagna tutta la vita».