Luca Falcon con la compagna Giulia Trabucco
Solo sei giorni fa sui social scriveva: «Oggi compio 35 anni e sono da solo in mezzo all’Africa, a più di quindicimila chilometri da casa, su una moto piena di fango. Mi manca mia moglie? Sì, un po’ mi manca, ma pensate a quante cose potrò raccontarle quando torno!».
E invece dalla moglie e compagna di vita, Giulia Trabucco, Luca Falcon non ha mai potuto fare ritorno. Perché quella moto, la stessa con cui stava realizzando il sogno di raggiungere Cape Town su due ruote, si è schiantata contro un camion in Angola. E non gli ha lasciato scampo.
Il 3 marzo scorso, il giorno dopo il suo compleanno, Luca ha perso la vita. A darne notizia è stata proprio la moglie, che sulle pagine Instagram e Facebook della loro associazione “Karma On The Road” ha comunicato con un post straziante che suo marito non c’era più. «La dinamica non è chiara, non ho ancora il referto della polizia», ha scritto alle 00.42 del 6 marzo, «ma è irrilevante. Lui era felice, l’impatto è stato istantaneo, non si deve essere accorto di niente. Almeno sappiamo che si è spento facendo ciò che amava di più: viaggiare in moto».
Una passione totalizzante, quella di Falcon per le due ruote, che però già nell’agosto 2016 gli aveva giocato un brutto scherzo, facendogli perdere parte della gamba sinistra a causa di un incidente con un’auto. Eppure, nonostante lo shock, l’energia e la voglia di vita avevano avuto la meglio: insieme a Giulia (all’epoca sua fidanzata da poco), Luca aveva fondato "Karma On The Road", un’associazione no-profit mirata a sensibilizzare il prossimo riguardo a tutti i problemi che devono affrontare gli amputati. «Un amputato può vivere una vita normale solo con un arto artificiale», si legge infatti sul sito dell’associazione, «ma l’OMS stima che, oggi, solo 1 persona bisognosa su 10 abbia accesso ad ausili, comprese protesi e ortesi».
Ed è per questo che, fra le attività principali, "Karma On The Road" ha annoverato sin da subito quella di recuperare e riciclare protesi usate o dismesse in Italia al fine di redistribuirle ai paesi in via di sviluppo, dove c’è grande carenza di questi dispositivi medici e dove ad averne bisogno sono soprattutto bambini e ragazzini, spesso mutilati a causa delle guerre.
Il viaggio in Africa in autonomia era un sogno che il motociclista veronese aveva da tempo, perché amava la libertà, la sensazione delle ruote sull’asfalto, il rosso fuoco delle terre nigeriane, e perché non voleva avere rimpianti: non sapeva per quanto ancora sarebbe stato abbastanza in forma per compiere un’avventura simile, e non partire avrebbe significato pentirsi per sempre.
«Raggiungerò il Sud-Africa o morirò provandoci», aveva detto alla moglie. E adesso sentire queste parole fa impressione. Ma anche se ora immaginarlo è difficile, tutto ciò che Luca ha fatto non andrà perduto: un lungometraggio (girato pochi mesi fa insieme al regista Giovanni Montagnana) sul viaggio in moto compiuto insieme alla moglie per raggiungere l’Orthopedic Training Center di Nsawam in Ghana sarà infatti presto disponibile.
«Il docu-film uscirà e sarà la testimonianza della sua forza», ha detto ancora Giulia, «ho perso l’amore della mia vita, ma il bene fatto rimane. E io sarò sempre orgogliosa di averlo fatto con lui».