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Raffaele Guariniello:
«La specializzazione dei Pm ha salvato il processo Thyssen»

04/12/2017  L’ex pubblico ministero: «Ho vissuto la giustizia dalla parte dei deboli, nel caso Thyssen la specializzazione è stata determinante, le indagini veloci hanno evitato la prescrizione»

Un grande tavolo bianco. Intorno, ordinatissime sugli scaffali, copie di sentenze della Cassazione. Più che una stanza, la sintesi di una vita. Alle pareti una foto famosa del 1932, operai che mangiano sospesi nel vuoto sulla trave di un grattacielo a New York: l’idea platonica dell’insicurezza sul lavoro. Di fronte, Gioachino Rossini dice della passione per la lirica e, forse, degli anni spesi a dar la caccia agli odierni Dulcamara, venditori d’elisir. Due toghe appese in un angolo, inoperose, dicono che è la stanza della seconda vita di Raffaele Guariniello, iniziata il giorno d’addio alla magistratura, per raggiunti limiti di età, ma non ancora per raggiunti limiti. Chi non ne può più non scriverebbe un libro intitolato: La giustizia non è un sogno.

Dottor Guariniello, che cos’è la giustizia?

«Lo strumento di tutela degli umili, vittime di disastri più grandi di loro. Quando iniziai non si sentiva il problema dell’amianto, le industrie dicevano “esagerano” ma poi, quando la gente prende coscienza e chiede giustizia, fa un atto di fiˆducia nella magistratura che a volte resta insoddisfatto».

Ha mai temuto di illudere, magari contestando il dolo per comportamenti poi sanzionati come colpa?

«Le strade della giurisprudenza vanno anche esplorate: all’inizio la colpa professionale era avanguardia, oggi è scontato fare processi in questa materia. Il dramma è quando un processo si prescrive. Bisognerebbe riuscire a fare processi più veloci».

Problemino da niente...

«Il processo ThyssenKrupp non s’è prescritto perché le indagini sono durate due mesi e mezzo: ci ha aiutati l’essere specializzati. Nei processi su materie complesse come le morti sul lavoro la prima volta parti svantaggiato, perché ti manca il bagaglio di conoscenze e il rapporto con ispettori ed esperti».

Nelle piccole procure è impossibile specializzarsi, come se ne esce?

«Facendo una procura nazionale su sicurezza del lavoro, problemi ambientali, tutela del consumatore, come il Pôle de la santé francese: ogni volta che ci sono problemi di tutela della salute indagano loro con competenza nazionale. L’ideale sarebbe unire l’accentramento dei francesi e l’indipendenza del pubblico ministero italiano. In mancanza, aiuterebbe un’agenzia di polizia giudiziaria specializzata con competenza su tutta Italia».

Eternit, Viareggio, calamità. Altrove si va per vie civili: il diritto penale è adeguato in questi casi?

«Credo molto nella giustizia penale: puoi sequestrare, perquisire, intercettare, senza questi strumenti non arrivi alla verità, di Stamina non avremmo scoperto nulla. Ma la magistratura non ha poteri taumaturgici».

Consiglierebbe alle vittime di accettare risarcimenti in cambio della rinuncia a costituirsi parte civile?

«Sì, il processo penale va avanti anche senza parte civile ed è lungo. Ma intanto le famiglie devono vivere. E poi il processo ha esiti incerti: la Cassazione può cambiare orientamento. Nel caso Eternit è accaduto: con Porto Marghera s’è calcolata la prescrizione in un modo, con Eternit in un altro. Ma un Pm deve studiare gli orientamenti della Cassazione per non sbagliare previsioni. E non arrendersi mai».

Esiste il rischio che un’indagine giudiziaria sconfini nell’indagine storica, che perda di vista il processo?

«Esiste, ma non credo di averlo corso, mi ha vaccinato Conso all’università. Sono stato attento a rispettare le forme per non essere attaccato».

Processo Juve per abuso di farmaci: la prescrizione è stata per lei sconfitta con onore o vittoria morale?

«Una grande vittoria: reato prescritto, ma accertato».

Il patteggiamento è un successo?

«Sì, accerta che le indagini hanno avuto buon esito e il processo fiˆnisce».

Stamina ha posto lo spinoso tema del rapporto scienza/diritto. La magistratura deve fare autocritica?

«Sì, sono uscite ordinanze fondate solo su ciò che diceva il richiedente, senza un minimo di consulenza. Invece anche di fronte a casi umanamente drammatici devi avere il coraggio di dire no, se non hai evidenze scientiˆfiche a supporto della decisione».

Sa che la chiamano Zorro? La mette a disagio o la lusinga?

«Nulla di questo, ma pragmaticamente (ride) un volto noto aiuta a risolvere problemi pratici, come fotocopiare 200 mila pagine di atti su Eternit trovando aiuto al Comune di Torino».

Magistrati in politica?

«Sono all’antica: chi salta il fosso non torna indietro, un fatto di apparenza dell’indipendenza. E chi decide di saltarlo deve aspettare del tempo».

Farà l’avvocato dei deboli?

«Il Pm un po’ lo è: cerca la verità. Per ora faccio consulenza alla Commissione parlamentare d’inchiesta sui casi di morte e malattie gravi dei militari. L’avvocato bisogna anche saperlo fare, al massimo potrei rappresentare parti civili, ma ora non ne ho il tempo».

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