Il vento della Giornata mondiale della gioventù soffia da Madrid fino a raggiungere l'Africa, il Nordest dell'Uganda, l'arida regione del Karamoja al confine con il Kenya, una delle zone più povere e arretrate del mondo. Per gli ugandesi qui non siamo in Uganda: questa è la terra dei Karimojong, un'etnia differente per storia, lingua e cultura, arrivata qui dall'Etiopia tre secoli fa. Tribù di pastori-guerrieri seminomadi che abitano in villaggi di capanne e spesso si combattono fra di loro per rubarsi il bestiame: per i Karimojong, pastori fin da bambini, le vacche sono la vita. E nei periodi di carestia le razzie, e quindi gli scontri tribali, diventano più frequenti. Qui, da decenni è molto forte e radicata la presenza italiana, sia delle aziende che delle organizzazioni umanitarie. Negli ultimi anni, poi, anche in Karamoja, come nel resto dell'Africa, sono penetrate le aziende cinesi.
Da qui, la Spagna appare lontanissima, irraggiungibile. Eppure,
grazie alla Ong Africa mission-Cooperazione e sviluppo, lo spirito di
Madrid arriva anche in questa terra ai confini delll'Africa e del
mondo, tra i ragazzi Karimojong: l'associazione di Piacenza fondata da
don Vittorio Pastori (noto a tutti come don Vittorione) e monsignor
Enrico Manfredini, da quarant'anni attiva in Uganda e in particolare in
Karamoja con numerosi progetti di sviluppo, ha pensato di organizzare
una sorta di Gmg Karimojong, in contemporanea con quella che è appena iniziata a Madrid e che terminerà il 21 agosto.
L'iniziativa parte da monsignor Sandro De Angeli, assistente
spirituale nazionale di Africa mission, che in questi giorni è
presente nella sede della Ong in Karamoja: insieme al Centro giovani "Don
Vittorio" - fondato nel 2004 da Cooperazione e sviluppo nella sua
sede di Moroto - monsignor De Angeli ha organizzato una serie di incontri di preghiera, culturali e sportivi che, durante la settimana della Gmg, coinvolgono tutti i
giovani della regione e le due diocesi cattoliche di Moroto e Kotido: i
due vescovi, monsignor Henry Ssentongo e monsignor Giuseppe Filippi,
concelebreranno la messa del 21 agosto. Per oltre mille ragazzi Karimojong è una straordinaria occasione per entrare in contatto con i loro coetanei di
tutto il mondo riuniti a Madrid. Spiritualmente, certo, ma non solo: per
la serata del 20 agosto, infatti, Africa mission ha previsto un
collegamento via satellite - usando l'impianto satellitare del Centro
giovanile "Don Vittorio" - con la grande veglia notturna che il popolo
di Madrid vivrà insieme al Papa.
A Kampala, la capitale dell'Uganda, se ne vedono a decine lungo le strade, in mezzo al traffico: piccoli mendicanti, soli, che si avvicinano alle auto, allungano la mano in attesa di qualche scellino sussurrando in lingua karimojong la frase di sempre, come un triste, assordante ritornello: "Akorò", ho fame. Li chiamano returnees: sono i bambini senza famiglia, spediti a Kampala e negli altri grandi centri urbani per racimolare qualche soldo, un po' di cibo, per sopravvivere. Vengono tutti dal Karamoja, la regione più povera dell'Uganda, dove le carestie e la siccità rendono la vita ancora più difficile. A volte arrivano in città da soli; spesso vengono venduti e mandati qui con le loro mamme che, poi, li lasciano per andare a prostituirsi.
I cooperanti di Africa mission-Cooperazione e sviluppo a Moroto spiegano che i returnees delle città ugandesi provengono tutti da una particolare zona del Karamoja, il distretto di Napak: anni fa questo era il distretto più scolarizzato dell'intera regione; è quindi molto probabile che da qui molti siano partiti per andare a cercare opportunità di occupazione a Kampala, creando i primi contatti con la realtà della città, rimasta invece completamente estranea alla popolazione Karimojong degli altri distretti.
Qualche tempo fa, nella sede di Moroto Cooperazione e sviluppo ha accettato di accogliere 246 returnees spediti qui dal Governo: la polizia li aveva rastrellati tutti per le strade di Kampala, li aveva stipati in una specie di riformatorio nella capitale - una sorta di centro di raccolta dove i piccoli spesso subiscono violenze e abusi da parte degli agenti - in attesa di rimandarli in Karamoja, nei loro villaggi di provenienza. «All'arrivo qui a Moroto», racconta Paolo Strona, architetto che, dopo anni di volontariato con Cooperazione e sviluppo, oggi lavora a tempo pieno per la Ong, «i piccoli erano in condizioni ingienico-sanitarie terribili e noi ci siamo trovati ad affrontare una situazione di emergenza. Ora, pare che il Governo abbia intenzione di costruire un centro di raccolta per i returnees qui in Karamoja».
Cooperazione e sviluppo ha gestito le operazioni di ricongiungimento dei bambini con le loro famiglie di origine, nei villaggi Karimojong: un lavoro lungo e faticoso di ricerca e identificazione, per rintracciare i genitori, o solo la madre o i nonni, di ogni singolo returnee, reso ancora più difficile dal fatto che questi piccoli sono analfabeti e parlano soltanto la lingua karimojong. «Nel giro di alcuni giorni», spiega Strona, «tutti i bambini hanno lasciato la sede della Ong a Moroto, sono stati riaccompagnati nei loro villaggi e riconsegnati ai loro nuclei familiari». Ma il problema dei returnees - a Cooperazione e sviluppo lo sanno bene - è molto lontano dall'essere risolto: nelle capanne dei loro villaggi di origine li aspetta la fame. E il futuro di questi bambini probabilmente non sarà lì: presto le madri li manderanno via, li spediranno di nuovo aper le strade di Kampala. Non hanno altra scelta.
Ma anche fra i returnees ci sono storie di speranza, come
quella di Kevin Akiki. Originario di Moroto Kevin, rimasto orfano
all'età di 17 anni, viveva da solo per le strade di Kampala. Dal 2004,
quando Cooperazione e sviluppo ha aperto il Centro giovanile "Don
Vittorio", ha cominciato a frequentare la sede della Ong, prima come
volontario, poi come giocatore di pallone nella squadra del Centro.
Oggi, a 26 anni, Kevin è segretario e direttore artistico del "Don
Vittorio", ha trovato stabilità e dedica le sue giornate e il
suo impegno ad aiutare, attraverso la musica e il teatro, gli altri
ragazzi e bambini di strada Karimojong a costruirsi un futuro.
Per i bambini di strada, i returnees, ma anche per tutta la
gioventù Karimojong del distretto di Moroto, Cooperazione e sviluppo sta
facendo molto grazie al Centro giovanile "Don Vittorio". Qui, ogni
giorno, dopo la scuola, i cooperanti accolgono i ragazzi e i bambini dei
villaggi: durante la settimana in media ne arrivano duecento, il
fine-settimana addirittura settecento. Come spiega Valeria Iannazzone,
studentessa universitaria che sta svolgendo a Moroto un periodo di
volontariato come "casco bianco", «i ragazzi giocano, i maschi a pallone
e le ragazze a netball, danzano, cantano, fanno attività di teatro e
musica, organizzano recite e spettacoli. I giovani Karimojong adorano la
danza, possono andare avanti a ballare anche per ore senza mai
stancarsi». La squadra di calcio è un fiore all'occhiello del Centro "Don Vittorio": l'allenatore, Robert Myanja, ha 30 anni e non è un Karimojong; lui stesso era un giocatore, prima a Kampala, poi nella città di Mbale; nel 2008 è arrivato a Moroto, al Centro di Cooperazione e sviluppo. «Mi piace moltissimo vivere in Karamoja», dice, «i ragazzi qui hanno un talento straordinario». L'appuntamento imperdibile del calendario calcistico è la prestigiosa Uhuru cup, la Coppa dell'Indipendenza, il campionato più atteso e popolare tra i ragazzi del Karamoja. Negli ultimi tempi, inoltre, il Centro ha inaugurato un programma di sostegno, riabilitazione e istruzione per dodici bambini di strada di Moroto.
Una volta all'anno, a dicembre, il Centro "Don Vittorio" organizza la Settimana
della
pace: grazie al passaparola tra i villaggi della zona, i giovani
guerrieri Karimojong vengono invitati a trascorrere sei giorni al
Centro, nel corso del quale svolgono attività e momenti formativi sul
tema della pace e del disarmo. «I ragazzi Karimojong da piccoli vengono
designati dalle loro famiglie a diventare guerrieri e, quindi, a
combattere con le altre tribù per razziare il bestiame», spiega Valeria. Al termine della Settimana della pace, capita
che alcuni decidano di abbandonare davvero le armi: come ha fatto Ileny,
ex guerriero di quasi trent'anni che a dicembre scorso, dopo aver partecipato alla Settimana della pace, ha
deciso di cambiare vita. Ogni giorno percorre a piedi 7 chilometri per
raggiungere dal suo villaggio il Centro giovanile; e lì fabbrica originali rosari e collanine con i quali oggi si guadagna da vivere.
Nel prato davanti alla scuola elementare di Moroto gli alunni, riuniti in cerchio, cantano, battono le mani, ridono entusiasti, tutti sorprendentemente attenti, interessati allo spettacolo che si sta svolgendo di fronte a loro: alcuni cantanti Karimojong, a turno, guadagnano lo spazio centrale del cerchio e, a tempo di rap o di raggae, intonano al microfono una serie di canzoni che, nei testi in lingua Karimojong, spiegano con molta semplicità le regole basilari da seguire per una corretta igiene e per prevenire le malattie.
Gli artisti sono stati coinvolti da Cooperazione e sviluppo: si tratta, infatti, di uno dei programmi di sensibilizzazione e prevenzione portati avanti in Karamoja dalla Ong piacentina in favore dell'infanzia. Il progetto, portato avanti in collaborazione con l'Unicef, interviene sulle principali carenze che i bambini Karimojong incontrano: la mancanza di acqua e di protezione. Grazie alla musica, al ballo e alla drammatizzazione - coinvolgendo anche gli insegnanti in piccoli spettacoli teatrali - è più facile trasmettere dei contenuti educativi ai bambini, una serie di norme elementari, come l'importanza di non bere l'acqua sporca delle pozzanghere e di lavarsi con regolarità.
Intanto, mentre un giovane rapper, uno degli artisti più famosi del Karamoja, si esibisce nel centro del cerchio un gruppetto di alunni, quelli più grandi, si unisce a lui nella danza, improvvisando un piccolo spettacolo spontaneo e naturale. Il clima è quello di una festa. I ragazzini intorno, entusiasti, si spingono l'uno con l'altro per guardare e non perdersi neppure un attimo dell'avvenimento. Cantano, imparano a memoria le parole dei brani. E molto probabilmente, così si spera, le ripeteranno anche quando saranno a casa, nei loro villaggi di capanne, con i loro genitori; per trasmettere anche alle famiglie ciò che hanno imparato in un pomeriggio di musica e spettacolo: l'importanza di curare l'igiene, di andare a scuola e di studiare per avere un futuro dignitoso. Proprio come recitano i versi delle canzoni dei rapper Karimojong.