Con le sorelle Sabrina e Nadia, anch'esse sciatrici
Chi pratica sport professionistico è abituato ad affrontare i guai fisici: e nella carriera di Elena Fanchini, sciatrice di discesa libera, con una medaglia d’argento mondiale nel suo palmares, gli infortuni non sono certo mancati. Ma la diagnosi di un tumore al colon è qualcosa a cui non si è preparati, soprattutto quando arriva a 32 anni e ci si sta allenando per le Olimpiadi. «Avevo avuto dei sintomi preoccupanti», ci racconta, «e i medici della Federazione italiana sport invernali mi avevano subito indirizzato verso analisi più approfondite. Quando è arrivato il verdetto, la prima cosa a cui ho pensato, forse da incosciente, non è stata tanto la preoccupazione per la mia vita, quanto il vedere naufragare quello che per ogni sportivo è il traguardo più grande, le Olimpiadi di Pyeong Chang, che si sarebbero dovute disputare due mesi dopo». Elena inizia tutta la tra cure, che sceglie di fare all’Humanitas di Rozzano (Milano): radioterapia, intervento chirurgico e poi chemioterapia. «Ho trovato dei medici gentilissimi e disponibilissimi, ho sentito subito che avrebbero fatto il meglio per me. Io ce la mettevo tutta, perché avevo un solo obiettivo: poter tornare a gareggiare. Lo sci è il grande amore della mia vita da quando ho inforcato gli sci per la prima volta, a 3 anni». Una carriera che ha condiviso a lungo con le sue sorelle, Nadia e Sabrina. Ma che è arrivata al capolinea a causa di un ennesimo infortunio. «Dopo la guarigione dal tumore ero negli Stati Uniti per una gara di Coppa del mondo, e una caduta mi ha procurato una frattura al piatto tibiale. Ho dovuto tenere una placca nel ginocchio per un anno. Gareggiare a quel punto era diventato impossibile e sono stata costretta al ritiro. Ma qualche sciata non impegnativa ho potuto di nuovo concedermela...». Ora che non è più una sciatrice professionista continua a far parte della Guardia di finanza con mansioni prevalentemente di ufficio. L’incubo del tumore non è ancora finito, deve sottoporsi ogni sei mesi a dei controlli che esegue sempre all’Humanitas: «E ogni volta, quando si avvicinano, inutile dire che sono assalita dalla paura e dall’ansia. Ma il mio atteggiamento è sempre stato quello di forza e ottimismo». Airc, dopo essere venuta a conoscenza della sua storia, l’ha contatta per arruolarla tra i testimonial. «Ho aderito volentieri, credo sia utile dare ai malati di tumore un messaggio di speranza. Io dico loro di individuare un sogno, un obiettivo da raggiungere. In fondo, chiunque ne possiede uno; questo moltiplicherà la loro forza e la loro energia nel combattere la malattia». La giornata delle arance di Airc pone l’accento sull’importanza della prevenzione e della buona alimentazione: «Come sportiva ho sempre tenuto un corretto stile di vita. Niente fumo né alcol, tanta attività fisica e un’alimentazione bilanciata in cui abbondano frutta e verdura. Ho scoperto che il mio tumore è di origine genetica, eppure nella mia famiglia non ci sono mai stati casi di tumore, ma credo nel l’importante ruolo della prevenzione». Il tumore al colon è uno dei più diffusi in Italia, con 50 mila nuove diagnosi ogni anno. Un team di ricerca dell’Università di Bologna ha scoperto che in Europa c’è stato un aumento nei morti per cancro al colon-retto dell’11,9% a causa della pandemia di coronavirus Sars-CoV-2. La diffusione del virus ha causato ritardi negli screening salva-vita, riducendo il tasso delle diagnosi precoci della neoplasia. «Purtroppo molte persone non riescono neppure a curarsi», conclude Elena, «ma anche per questo è ancora più importante sostenere la ricerca».