Il governo italiano alza la voce nei confronti dell’Iran sul caso della giornalista italiana Cecilia Sala, rinchiusa nel carcere di Evin, in Iran, dallo scorso 19 dicembre.
L’iniziativa del governo arriva dopo le ultime drammatiche notizie arrivate dal carcere di Evin (dove vengono rinchiusi i dissidenti del regime iraniano). Il 1° gennaio Cecilia Sala ha potuto fare tre brevi telefonate: alla madre, al padre e al compagno, il giornalista Daniele Raineri. Quanto raccontato dalla giornalista ai suoi familiari smentisce clamorosamente quanto dichiarato nei giorni scorsi dalle autorità iraniane ( e sua volta ribadito con tono rassicurante dal ministro Tajani). Cecilia Sala è in isolamento, dorme sul pavimento usando una coperta come materasso, le sono stati confiscati gli occhiali, non ha ricevuto il pacco portato dall’ambasciata italiana e contenente generi di prima necessità.
Il mattino del 2 gennaio la Farnesina convoca l’Ambasciatore della Repubblica Islamica dell’Iran a Roma, Mohammad Reza Sabouri. Durante l’incontro, si legge in un comunicato, “è stata innanzitutto chiesta la liberazione” di Cecilia Sala, “giunta in Iran con regolare visto giornalistico”. Tramite l’Ambasciatore Gariglia l’Italia ha “ribadito la richiesta di assicurare condizioni di detenzione dignitose, nel rispetto dei diritti umani, di garantire piena assistenza consolare alla connazionale, permettendo all’Ambasciata d’Italia a Teheran di visitarla e di fornirle i generi di conforto che finora le sono stati negati”.
Nel pomeriggio Giorgia Meloni convoca una riunione a Palazzo Chigi alla quale partecipano il Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, e il Consigliere diplomatico del Presidente, Fabrizio Saggio. Il Governo “conferma l’impegno presso le autorità iraniane per l’immediata liberazione di Cecilia Sala, e, in attesa di essa, per un trattamento rispettoso della dignità umana”. Al termine dell’incontro Meloni incontra Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, che si dichiara soddisfatta dell’incontro e dell’impegno del governo.
Al momento l’accusa nei confronti di Cecilia Sala è molto generica: “violazione delle leggi della Repubblica Islamica”. La vicenda della giornalista è intrecciata con la detenzione dell'ingegnere iraniano Mohammad Abedini-Najafabadj, esperto di droni, arrestato il 16 dicembre all'aeroporto di Malpensa su richiesta degli Stati Uniti.
“Per quanto riguarda Mohammad Abedini, che è al momento in stato di detenzione cautelare su richiesta delle autorità degli Stati Uniti, il Governo ribadisce che a tutti i detenuti è garantita parità di trattamento nel rispetto delle leggi italiane e delle convenzioni internazionali”, si legge nel comunicato di Palazzo Chigi.
Ieri intanto il procuratore generale di Milano ha trasmesso alla Corte d'Appello "parere negativo" sulla richiesta della difesa di Mohammed Adebini Najafabadi.
"Si ritiene che le circostanze rappresentate nella richiesta, in particolare la messa a disposizione di un appartamento e il sostegno economico da parte del Consolato dell'Iran unitamente a eventuali divieto di espatrio e obbligo di firma non costituiscano una idonea garanzia per contrastare il pericolo di fuga del cittadino iraniano di cui gli Usa hanno chiesto l'estradizione", si legge nella nota della Procura generale. Per le autorità iraniane le accuse nei confronti del loro cittadino sono “false” e ne chiedono la liberazione.
L’Iran non è nuovo alla detenzione arbitraria di cittadini stranieri, utilizzati come merce du scambio per ottenere concessioni, tra cui il rilascio di iraniani detenuti nei paesi occidentali. Oggi il ministero degli esteri iraniano ha convocato l’ambasciatrice italiana a Tehran, Paola Amadei.