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«Una donna forte e libera che continua a esserci d’esempio». Rosy Bindi, presidente della Commissione antimafia, considerata allieva di Tina Anselmi - «ma mi auguro che i suoi allievi siano tanti perché la sua è stata una scuola vera» - ricorda il suo «punto di riferimento senza il cui appoggio non avrei vinto le elezioni in Veneto dove mi ero candidata – dalla Toscana - proprio perché lei aveva rinunciato al seggio». Della politica democristiana sottolinea quanto abbia avuto «un forte radicamento al Vangelo e un profondo rispetto della laicità. Per la responsabilità che ricopro ora prendo a esempio la Anselmi a capo della commissione P 2 come testimonianza alla quale ispirarsi anche adesso, perché la mafia non si combatte, in questo Paese, se non si portano alla luce le trame occulte che la alimentano e che sono nel potere, non sono tra gli ultimi. Quando sono stata ministro della Sanità spero di aver dato un contributo a riportare alla genuinità la sua riforma del Servizio sanitario che Altissimo e De Lorenzo avevano un po’ sfregiato».
Cosa ha insegnato alle donne?
«Tina Anselmi è stata una donna che ha aperto molte strade nella vita politica italiana anche per le altre perché era una donna brava. Se ci si chiede perché è stata il primo ministro donna, perché era il primo possibile Presidente della Repubblica donna, perché le siano stati affidati incarichi tanto delicati il motivo è che era in politica non perché era una donna, ma perché era una donna di valore. Lei ha sempre puntato molto su “donne votate una donna”, ma tutto quello che ha fatto lo ha fatto perché era una persona di grande valore. Non si poteva prescindere dalla Anselmi e con lei non potevano non fare i conti anche gli uomini per la sua rettitudine, ma anche per le sue capacità. Da questo punto di vista la Anselmi insegna alle altre donne a non rivendicare semplicemente un fatto di quote – che peraltro io personalmente difendo perché ce n’è bisogno e sono necessarie – ma a essere capaci perché lei, i suoi traguardi, se li è conquistati tutti».
Un ricordo come politica?
«Da ministro ha fatto riforme importanti soprattutto per i diritti e per la parità di genere sia quando è stata al Lavoro che poi alla Sanità. Ha interpretato la politica con autentico senso riformista sapendo che le riforme costano fatica e sono tutt’altro che scontate. E poi attraverso la commissione d’inchiesta sulla loggia P2 ci ha mostrato una pagina di politica libera, forte, capace di contrastare i poteri occulti e le insidie alle quali una democrazia anche matura come quella italiana è sempre esposta. Ha interpretato la politica nel senso migliore, quella del mettersi al servizio e del farlo realizzando le riforme, i cambiamenti, scontrandosi con interessi, libera e forte nei confronti di tutti gli altri poteri».
E come democristiana?
«Ha incarnato il valore della laicità. È stata una credente che ha servito il proprio Paese interpretando l’identità vera del partito democratico cristiano, cioè quella del partito laico di ispirazione cristiana. La Anselmi ha sempre ispirato la sua azione ai valori, ma li ha sempre integrati nella storia con un autentico senso dello Stato e del rispetto del pluralismo. Le donne democristiane in quegli anni si sono confrontate, praticando il valore della laicità, con le sfide del cambiamento del costume, con il divorzio, l’aborto. Nel mondo cattolico lei, insieme ad altre donne, era un punto di riferimento e lo era proprio per questo: le si riconosceva l’ispirazione cristiana e l’autentico rispetto della laicità».
Per cosa sarà ricordata?
«Penso che lei raggiunse, con la commissione P2, il massimo di popolarità nel Paese e il massimo conflitto nel palazzo. In quel momento si creò tanti nemici, anche se quell’incarico la fece conoscere ancora di più alla gente. Oggi la si ricorda come staffetta partigiana, come prima donna ministro come un fatto anche simbolico, ma Tina Anselmi resta soprattutto la presidente della Commissione di inchiesta sulla P2. Ripeto, a tanta popolarità, che continua, corrispose il fatto che nei palazzi del potere si fece tanti nemici. E questo significa che aveva fatto un buon lavoro».





