La “clinica delle tartarughe” si trova in uno dei luoghi simbolo dell’isola di Favignana, la maggiore delle Egadi: l’ex stabilimento industriale Florio, oggi Museo della tonnara, dove fino a circa dieci anni fa venivano lavorati migliaia di tonni rossi pescati con la tecnica della mattanza (l’ultima risale al 2007). Questo sarebbe dovuto essere l’anno della rinascita, ma il decreto del Ministero sulla ripartizione delle quote di pesca del tonno ha gelato Favignana, alla quale sono state assegnate solo 14 tonnellate. Poche, ed è divampata la polemica. In questo gioiello di archeologia industriale a picco sul mare, ora c’è il Centro di primo soccorso e recupero tartarughe gestito dall’Area marina protetta delle Egadi, la più grande d’Europa con i suoi 54 mila ettari e alcune specie di flora e fauna rarissime, dalla Posidonia oceanica alla foca monaca fino alla tartaruga Caretta Caretta.
In occasione della Giornata mondiale delle tartarughe marine del 23 maggio scorso, gli operatori del centro di Favignana hanno liberato in mare Aretusa, 20 anni, recuperata dalla Capitaneria il 12 febbraio scorso a Petrosino, sul litorale trapanese, e ricoverata per «costrizione da plastica dell’arto anteriore». Un filo della lenza aveva imbrigliato una delle zampe e le stava causando una necrosi.
La plastica buttata in mare è un pericolo potenzialmente mortale per questi esemplari che si nutrono di meduse e calamari e talvolta scambiano la plastica per cibo. Aretusa è uno dei 57 esemplari Caretta Caretta che dal 2011 sono arrivati al centro di Favignana per essere curati dopo le conseguenze dell’impatto con barche, l’ingestione di rifiuti di plastica o lenze da pesca. È stata liberata nelle acque cristalline di Favignana con il tag satellitare Iridium installato addosso. Si tratta, spiega Giulia Cerritelli, ricercatrice del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, «di un dispositivo satellitare posizionato sul carapace dell’animale per monitorare dove e come si muove».
«Questa iniziativa», dice Luciano Pirovano, responsabile sostenibilità di Rio Mare, «è in linea con la nostra mission a favore della pesca sostenibile e contro quella illegale». Rio Mare con 500 mila euro finanzia altri due progetti nell’Area protetta delle Egadi: quello per la tutela della Posidonia oceanica e quello per la gestione dell’Osservatorio della foca monaca a Marettimo.
Salvatore Livreri Console è il direttore dell’Area protetta: «Il mare non è un giacimento da cui trarre risorse all’infinito. Dal punto di vista ambientale abbiamo raggiunto alcuni obiettivi importanti come la riduzione della pesca a strascico, che è diminuita del 98 per cento. Un altro progetto è quello di ridurre la plastica in mare attraverso campagne di sensibilizzazione: il 90% delle tartarughe che curiamo qui hanno ingerito plastica».