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martedì 17 settembre 2024
 
 

La sfida: da rottamatore a riformatore

09/12/2013  Dopo il successo travolgente delle primarie Matteo Renzi ha davanti sfide durissime e molte incognite. Che ne sarà del governo Letta? Riuscirà a portare il Parlamento a una nuova legge elettorale? Da rottamatore a riformatore il passo è lungo...

E ora che succede? Che Matteo Renzi vincesse le primarie del Pd era più che scontato, che lo facesse con i numeri che abbiamo visto (68 per cento di voti, stracciati Cuperlo e Civati che si sono fermati, rispettivamente, al 18 e al 14 per cento) no.
C’è chi alla vigilia ipotizzava che la soglia del 50 per cento fosse a rischio e che i votanti non sarebbero arrivati a 2 milioni. Tutto spazzato via. I militanti del Pd hanno dato a Renzi una vittoria ampia e chiarissima. E soprattutto – come dimostra il successo nelle regioni rosse – hanno dimostrato di aver superato il pregiudizio nei confronti del Sindaco considerato fino a qualche mese un outsider fastidioso, un berlusconiano anomalo, un guastafeste estraneo alla tradizione e ai riti della sinistra italiana.

I quasi 3 milioni di persone che hanno votato dimostrano anche che Renzi – più dei suoi sfidanti – ha saputo mobilitare l’elettorato in tempi di antipolitica galoppante, per lo più in una giornata natalizia e in un’elezione primaria dove non era in ballo la premiership della coalizione né c’erano elezioni politiche all’orizzonte.

Ma le incognite, per il neosegretario del Pd (che dopo il voto, alla luce dei risultati, si è autoproclamato "capitano"), sono tante. Vediamole.

La prima è che alle elezioni europee della prossima primavera Renzi – che pure ha costruito il suo successo sull’immagine del rottamatore e del “guastafeste” – dovrà sfidare l’inedito tandem populista Grillo-Berlusconi che si sta saldando in queste settimane all’insegna del contro tutto e contro tutti: l’Europa, il ruolo del Quirinale, le larghe intese, i costi della politica.

Il segretario del Pd dovrà muoversi oltre le colonne d’Ercole di un’immagine di rottura che lui pur rappresenta e al contempo non dovrà dare l’idea di un Pd rimasto adesso, dopo che Berlusconi si è defilato, l’unico azionista del governo delle larghe intese, un governo che agli occhi dei cittadini appare sempre più invischiato dai veti incrociati, finora incapace di fare le riforme necessarie (a cominciare da quella elettorale), in difficoltà a rilanciare l’economia e soprattutto schiacciato dalle politiche di Bruxelles.

Se non fosse arrivata la sentenza della Consulta che ha bocciato il Porcellum e “avvisato” i partiti che con questa legge elettorale non si può tornare a votare subito, Renzi, dopo questo successo, avrebbe sicuramente spinto per le elezioni anticipate e l’archiviazione della stagione delle larghe intese. Ora, invece, dovrà cercare una mediazione con il premier Letta e con Angelino Alfano per dare una sterzata all’agenda di governo, fare la necessaria riforma della legge elettorale, tagliare i costi della politica, avviare le riforme costituzionali. Qui si giocherà la sua capacità di leadership.
Le primarie di domenica sono ormai alle spalle, ora Renzi deve dimostrare sul serio e concretamente che la sua offerta politica e la sua azione di rupture è in grado davvero di incidere nel Paese e cambiarlo. Vedremo.  

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La lunga cavalcata fino alla segreteria del Pd
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