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venerdì 04 ottobre 2024
 
CURA DEGLI ANZIANI
 

La verità sulla dura vita delle badanti

31/05/2018  Dall’Est Europa all’Italia per assistere le persone anziane: un fenomeno in crescita che, spesso, nasconde drammi e lacerazioni

«Fare la badante è un lavoro durissimo. Una donna che sceglie questa strada rinuncia a tutto, alla propria casa, agli affetti, alla vita personale. È un sacrificio enorme che sai di poter portare sulle spalle per qualche anno. Alla lunga non ce la fai, non puoi vivere così per tanto tempo». Viktoriya Skyba ha fatto la badante per sette anni. È arrivata a Udine nel 1999 dall’Ucraina. Oggi ha 50 anni, in Ucraina lei non ha lasciato una famiglia. «Ma la stragrande maggioranza delle donne sì. Decidono di partire quando hanno sulle spalle una famiglia da mantenere». Da dieci anni Viktoriya lavora come impiegata per un’azienda, da due presta servizio part-time presso lo sportello informativo per gli immigrati della Cisl. Ha un fidanzato friulano, dal 2006 ha fondato a Udine l’Associazione culturale Ucraina-Friuli con l’obiettivo di aggregare le donne ucraine nella zona, quasi tutte badanti, organizzare eventi sociali e gite, per mantenere vive le tradizioni di origine. «Le donne che partecipano sono un centinaio. La maggior parte di loro ha dai 50 anni in su. È molto raro trovare badanti giovanissime, sui vent’anni».

Nessuna, quando è arrivata, pensava di restare per tanto tempo. «Questo lavoro viene visto come un progetto breve, temporaneo, per migliorare le condizioni economiche della famiglia lasciata in patria». L’emigrazione non è un programma per la vita: ci si allontana dal marito e dai figli con l’idea di tornare dopo due-tre anni da loro. Ma poi le cose cambiano, i programmi prendono una piega diversa, spesso a causa delle condizioni nel Paese di origine.

«In Ucraina da quattro anni viviamo una guerra di cui nessuno parla più». Il conflitto che oppone l’esercito nazionale e le forze separatiste filorusse e antigovernative nella parte sud-orientale del Paese è la guerra più sanguinosa in Europa dopo quella dell’ex Yugoslavia: finora ha causato più di 10 mila vittime e oltre duemila bambini rimasti orfani. E nel Paese si continua a combattere e morire, nel silenzio della comunità internazionale.

«Alcune donne della nostra associazione hanno i figli al fronte. La guerra ha cambiato radicalmente le nostre vite. Negli ultimi tempi abbiamo cominciato a organizzare raccolte di alimenti e di dolci da spedire nel nostro Paese per aiutare le famiglie, i figli che hanno perso i genitori». E molte badanti ucraine si sono attivate per il ricongiungimento familiare, per portare qui i loro familiari.

Il Friuli Venezia Giulia è una delle regioni più anziane d’Italia, con un’età media della popolazione di oltre 46 anni contro una media nazionale di 43,5. «Qui la presenza delle badanti è profondamente cambiata nel tempo», spiega Paolo Mosanghini, giornalista del Messaggero Veneto di Udine, «vent’anni fa venivano dalla vicina Croazia e si alternavano tra amiche e sorelle, con un ricambio molto frequente. Oggi arrivano soprattutto dall’Ucraina, ma anche da Romania e dal resto dell’Est europeo».

Mosanghini è autore di un libro, (s)Badanti (Gaspari editore) in cui, con leggerezza e ironia, in chiave caricaturale, racconta la quotidianità della convivenza tra una signora anziana e una badante ucraina, tra peripezie, imprevisti, incomprensioni, momenti di divertimento e tenerezza, perché, come ricorda Mosanghini, «l’assistenza familiare è un modello di integrazione economica, sociale, culturale e anche gastronomica». Nonna Rosa e Ludmilla sono personaggi immaginari: le loro vicende sono la sintesi di una serie di racconti che lo scrittore ha raccolto tra amici e conoscenti.

«Negli ultimi anni», continua il giornalista, «anche in Friuli è aumentato il numero delle donne italiane di mezza età che si offrono per l’assistenza in casa». I dati riportati dal libro di Mosanghini lo dimostrano: secondo la Fondazione Leone Moressa, nel 2015 su oltre 886 mila lavoratori domestici – colf e badanti – dopo la rumena (20,5%), la seconda nazionalità più rappresentata è quella italiana (17,1%). Considerando solo le assistenti familiari (badanti), per la stragrande maggioranza sono donne, quasi l’80 per cento sono straniere, in prevalenza dall’Europa dell’Est (60%), in piccola parte anche da altri continenti, America latina (6,6%), a seguire Nord Africa (3,3%).

La richiesta di assistenza agli anziani è andata crescendo negli anni: dal 2007 al 2015 ha avuto un incremento del 42%, generando un vasto business. Per far incontrare domanda e offerta di lavoro, nelle città sono nate agenzie e cooperative fornitrici del servizio h24. Ma, come spiega Viktoriya, la strada più facile e sicura per trovare lavoro in Italia è ancora il passaparola, quello di amiche che già lavorano, o anche delle famiglie che hanno assunto altre badanti. Restano poi i canali tradizionali delle parrocchie e del volontariato.

«Per ogni donna che arriva nelle nostre case per prendersi cura dei nostri anziani, c’è una famiglia nel Paese di origine che viene dilaniata», ricorda Mosanghini. Anziani e mariti che restano soli, figli affidati ai nonni o agli zii, i cosiddetti “orfani bianchi”. Bambini molto spesso destinati alla depressione, che in molti casi sfocia nella tossicodipendenza, fino all’atto estremo del suicidio. «Anche tra le badanti in Italia sono molto numerose le storie di depressione. Dovremmo fermarci di più a pensare al carico di sofferenza, alla lacerazione familiare, al dramma interiore che ogni donna che arriva qui da noi porta con sé».

D’altro canto, delle assistenti familiari in futuro ci sarà sempre più bisogno. L’Italia invecchia: nel 2030 la popolazione diminuirà del 5%. Gli over 65 passeranno dal 21,7 al 27,5%, gli over 75 per quell’anno saranno aumentati del 2,2%. Nel 2065 la popolazione italiana con almeno 65 anni di età sarà il 32%, 11 punti in più rispetto a ora. Come spiega Mosanghini, in un sistema di solidarietà familiare completamente cambiato, le case di riposo da sole non sono sufficienti e spesso non sono le soluzioni più adeguate.

«La mortalità degli anziani è più alta nelle case di riposo che in casa propria. La badante resta la risposta più rassicurante. Si crea un nuovo nucleo familiare artificiale: se il rapporto tra assistito e assistente è positivo, i benefici sono enormi. Allora, alle migliaia di donne alle quali affidiamo ciò che abbiamo di più caro noi dobbiamo dire: grazie».

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"Per il tempo che resta", in due minuti il mondo di anziani e badanti
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