Erano aggrappati alle camere d’aria per cercare di salvarsi mentre il barchino in ferro si capovolgeva. Così hanno raccontato dall’hotspot di Lampedusa i quattro superstiti dell’ultimo naufragio nel Mediterraneo centrale in cui mercoledì 9 agosto sono morte 41 persone, tra cui tre bambini. Chi si è salvato è perché era tra i pochi ad avere un salvagente a bordo di quell’imbarcazione simile a tante altre che partono quotidianamente da Sfax, in Tunisia, e che la Procura di Agrigento sui cui sta indagando ha definito in più di un’occasione “bare galleggianti”, perché di scarsa manifattura e con poca galleggiabilità.
Un’altra strage che si poteva evitare come dimostrano le immagini diffuse dalla Ong Sea-Watch che proprio in quelle ore drammatiche stava sorvolando la scena del naufragio con l’aereo da ricognizione Seabird. Le numerose imbarcazioni in pericolo annunciate dalle organizzazioni della società civile, il maltempo “ampliamente previsto” - scrive la Ong - e il mare grosso, lasciavano presagire un’altra strage che come le più recenti si poteva evitare.
I 4 superstiti dell'ultimo naufragio stanno per essere soccorsi; i morti risultano essere 41. Foto Ansa. In copertina: operazione di aiuto ai profughi al largo della Sicilia, il 10 agosto. Foto Ansa.
2017-2022 i numeri delle morti nel Mediterraneo in crescita
Dal 2017 non c’erano stati mai così tanti morti nel Mediterraneo, il progetto Missing Migrants dell’Oim ne conta dall’inizio dell’anno 2093, ma potrebbero essere molti di più, considerando i naufragi fantasma e gli altri corpi che in queste ore si stanno recuperando nelle coste tunisine a seguito di altri naufragi. A questi morti si aggiungono quelli dei migranti che stanno attraversando il confine tra la Libia e la Tunisia e vengono ritrovati senza vita nel deserto: 27 nelle ultime 48 ore come riporta l’agenzia di stampa tedesca Dpa e come confermano le organizzazioni internazionali sul posto.
In questo contesto dove le Ong stando al decreto Piantedosi non possono operare con la massima efficienza e i migranti soccorsi dalla flotta della società civile devono raggiungere i porti del Nord Italia come nel caso della Geo Barents di Medici Senza Frontiere diretta in queste ore a La Spezia su indicazione del Ministero dell’Interno.
Altre imbarcazioni sono in pericolo in queste ore, soltanto quattro le ha avvistate il veliero Astral della Ong Open Arms: “Tutte sovraffollate e ad alto rischio naufragio, a bordo donne in stato di gravidanza e molti bambini piccoli a rischio ipotermia”, scrive la Ong spagnola su Twitter.
Europa e soccorsi in mare, un meccanismo inceppato
Mentre si avvicina la vigilia di Ferragosto nel Mediterraneo si continua a rischiare la vita e il meccanismo di soccorso in mare messo a punto dall’Europa si rivela ancora una volta fallimentare.
«Quanto tempo ancora si attenderà per una politica sugli immigrati che tenga conto della grave situazione dalla quale fuggono e che fa di loro delle persone semplicemente bisognose di corridoi umanitari? Fino a quando si chiuderanno gli occhi su ciò che precede l’arrivo sulle nostre coste, ossia le situazioni di violenza che vedono protagonisti i Paesi da cui partono, in cui sostano, in cui gli accordi tra nazioni non sono rispettose dei diritti umani? É l’ora di una risposta politica, alla quale la nostra coscienza di credenti e papa Francesco continuamente ci richiamano», sono le parole di Monsignor Luigi Renna, Arcivescovo di Catania, pronunciate in occasione del decimo anniversario del naufragio avvenuto di fronte al Lido Verde di Catania il 10 agosto 2013.
A Catania le commemorazioni per i migranti morti in mare
Un momento di commemorazione, ricordo e impegno, voluto dalla Comunità di Sant’Egidio e che ha visto la presenza di Dario Monteforte, titolare del Lido Verde e primo soccorritore, di altre associazioni come Don Bosco 2000, dell’Imam di Catania Kheit Abdelhafid e del sindaco Enrico Trantino: «Com’è possibile che per giorni nessuno si sia accorto di quella barca priva di motore alla deriva? Non c’è dubbio che la Commissione Europea è stata balbettante in questi anni, ma accanto un maggiore impegno di Bruxelles chiediamo, come si evince dal recente appello della Comunità di Sant’Egidio alla a Commissione di investire più risorse nel salvataggio delle vite in pericolo» ha commentato Emiliano Abramo, presidente della comunità di Sant’Egidio di Catania, riferendosi all’ultimo naufragio.
La cerimonia si è conclusa con un momento di preghiera, mentre una bambina italo-nigeriana accompagnata dalla sua mamma ha deposto una corona di fiori davanti al lido dove si ricorda quello che fu il primo naufragio di una lunga estate. Il mese successivo, il 30 settembre 2013 a Scicli, nel Ragusano, in un altro naufragio furono recuperati in spiaggia i corpi di 15 migranti, qualche giorno dopo era il 3 ottobre 2013 davanti all’isola di Lampedusa morirono 368 persone. E da allora poco è cambiato.