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martedì 05 novembre 2024
 
 

Tosi e Zaia, separati in Lega

26/02/2015  Cosa c'è dietro lo scontro alla veneta tra il sindaco di Verona Flavio Tosi e il governatore Luca Zaia, candidato leghista alle prossime regionali?

Non è una semplice  baruffa chiozzotta o,  per dirla alla Cacciari, “un solo contrasto di facciata” quello che è scoppiato nella Lega in Veneto. Lo scontro tra il sindaco di Verona Flavio Tosi, segretario della Liga Veneta, e il governatore del Veneto Luca Zaia, candidato alle prossime regionali della Lega Nord  non è affatto solo una lite tra primedonne, o l’epilogo di una antipatia visceralmente covata e alla fine palesatasi  col botto.  E’ qualcosa di molto più serio e politicamente rilevante, che scoppia in Veneto, ma ha portata nazionale.  Qualcosa che ha a che fare, da una parte, con il passato remoto del partito del Carroccio e i suoi vecchi vizi e, dall’altra, con la Lega geneticamente modificata da Matteo Salvini.

Nel mezzo sta la partita delle regionali nel Veneto e La Liga Nord, una delle federate storicamente più importanti e blasonate,  ma allo stesso tempo, dal peso piuma politico.  Casus belli sono le liste e le alleanze per le prossime elezioni regionali:  Tosi, leghista atipico, il “democristiano”, il moderato (dopo le irruenze estremistiche giovanili), centomila preferenze intascate alle Europee, lontanissimo dal modello di “sindaco-sceriffo” interpretato per lustri dall’ex- primo cittadino  di Treviso Gentilini,  rivendica   la facoltà, da statuto, di decidere in Veneto su candidati e alleanze, senza per questo mettere in discussione, almeno all’apparenza,  la candidatura Zaia.   In breve: il Veneto ai Veneti.  A ciò aggiungiamo  l’ambizione personale di chi si è visto  scavalcato da Zaia  in passato e intravvede il fine-corsa se non cambia qualcosa.

   Dall’altra sta il presidente uscente, forte degli appoggi incondizionati (ma quanto, poi?) di Salvini e Bossi, della debolezza degli altri partiti in Veneto e di una fama di buon  governo (scandali Mose evitati e sistema sanitario regionale messo come fiore all’occhiello).  Se Tosi non fa scherzi, Zaia vincerà a mani basse e  il Veneto sarà nuovamente suo, cioè della Lega.       

Conflitto insanabile? Entro pochi giorni potremmo saperne di più: il 2 marzo è convocato il consiglio federale a Milano e il 5 il consiglio veneto dalla Liga Veneta.  Resterà nel Carroccio il “ribelle” Tosi o sarà espulso? Mas è davvero così complicato trovare un accordo  di compromesso  sui candidati che salvi carpa e cavoli?

   Comunque vada a finire, la vicenda, dicevamo,  letta in filigrana, mostra  dell’altro e cioè che alla Liga ancora una volta si chiede l’adeguamento ai diktat dei Lumbard. Un tempo era la regola di Bossi, oggi di Maroni e Salvini.  Sono cambiati i leader del Carroccio,  ma il lombardo-centrismo, paradosso curioso per una forza che si definisce federale, tiene botta eccome.  E se qualcuno  accenna a uscire dai ranghi, viene estromesso come un traditore della causa, senza appello.  
  Non sarebbe certo la prima volta che il “cerchio magico” che ha  i confini brevi di via Bellerio azzera la lidership veneta. Accadde fin dalla sua nascita: il primo epurato fu Franco Rocchetta padre fondatore della Liga, con  la moglie Marilena Marin.  Stessa sorte, alla fine degli anni ’90,  ebbe  l’ex-segretario regionale del Carroccio Fabrizio Comencini,  anche lui veronese (!),  che  commise l’errore di entrare in rotta di collisione col Senatur, chiedendo maggior autonomia. Insomma, ognuno comanda  a casa sua, ma Milano anche nelle altre. E il Veneto, terra di  tradizione autonomistica non ci sta e protesta più di altri. 

 Tanto più che la deriva lepenista decisa da Salvini, con tanto di manifestazioni accanto ai “neri” di CasaPound  senza tante consultazioni federali, è lontanissima dal sentire dei leghisti veneti, com’era la parola d’ordine “secessione” di  alcuni anni fa. La faccenda, insomma è seria. E intanto, se Tosi andrà fino in fondo, candidandosi contro il “suo” presidente,  ogni pronostico per la poltrona di governatore del Veneto diventerebbe arduo. Tornerebbe in gara perfino Alessandra Moretti. Altro che "baruffe"  da commedia goldoniana. Per la Lega e il centro-destra sarebbe una tragedia greca.  

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Tosi: Salvini dittatore della Lega Nord
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