"Noi, i nemici...
Ho pensato di scriverLe per darLe il mio pensiero e quello di chi con me è qui.
È un pensiero rivolto a chi non vuole vedere.....
Non amo apparire sui social, ( su cui non sono mai stato), né dare interviste se non quelle richieste dalla mia Direzione, perché credo che il mio compito sia quello di essere il più possibile un buon medico con tutte le pochezze che l'essere umano ha intrinseche nel suo essere.
Amo, come i Colleghi che mi circondano, lavorare nel silenzio, rapportandomi solo con chi per Sua sfortuna ci incontra per motivi legati alla professione. Gli Anestesisti/Rianimatori sono abituati a vivere e gestire il processo del morire, abbiamo forte il senso della finitezza umana, ma ciò che sta accadendo e troppo per noi, perciò scrivo.
Non siamo Vostri nemici, il SSN (sistema sanitario nazionale ndr.) è con Voi, non seguite false illusioni e mistificazioni della realtà che acquisite dal Web, o falsi miti propinati anche da colleghi che nell'idiota luce della ribalta appaiono come "Guru"della Medicina.
Di Covid si muore, non dateci anche il peso di vedere vite che si spengono per un'assurda visione distorta della realtà, ascoltateci. Alcuni di Voi credono che Vi raccontiamo falsità quando Vi chiediamo di potervi aiutare con manovre anche invasive di Terapia Intensiva. Pur nel completo rispetto della Vostra autonomia, è perché, ammesso che riusciamo, vogliamo aiutare nel nostro piccolo la Natura a ridarvi la Vostra vita.
La Rianimazione è come un ponte su cui Vi poniamo sospeso nel vuoto di un baratro, raccogliendovi dal ciglio e sostenendo le Vostre funzioni vitali finché la Natura, i farmaci o l'intervento chirurgico possano risolvere la cosa, per appoggiarvi poi, se ci riusciamo, sulla sponda opposta.
Noi tutti siamo con Voi.
Vinicio Danzi
Direttore UOC Anestesia e Rianimazione Vicenza
Sono le parole che il professor Vinicio Vicenza nei giorni scorsi ha indirizzato, attraverso il Corriere Veneto, alle persone che arrivano, spesso tardi, in rianimazione a causa del Covid e che, non avendo fiducia nella scienza, dopo aver rifiutato per timore o per convinzione il vaccino, rifiutano o sono tentate di rifiutare le cure salvavita.
È una situazione che si verifica sempre più spesso e che mette in difficoltà i medici, già sfiniti da due anni di trincea, alle prese con la sensazione (e la frustrazione umana) di doversi confrontare con qualcosa che pare contro natura perché sembra cozzare con l'istinto alla sopravvivenza.
Proprio il 31 dicembre la Siarti, società italiana anestesia, rianimazione, terapia intensiva, ha pubblicato un documento per ricordare a tutti i colleghi, esposti a questo rifiuto evidentemente diffuso, i doveri deontologici del medico: «Nel nostro Paese» si legge nel documento, «tanto la normativa vigente quanto il Codice di Deontologia Medica, sono oggi coerenti e concordi nell’affermare che, fatte salve alcune rare e particolari circostanze, nessun trattamento sanitario può essere imposto a chicchessia, anche se il trattamento diagnostico o terapeutico proposto sia per lui/lei un trattamento “salva vita”». (Diverso è il caso del vaccino, che può essere imposto con legge per ragioni di salute pubblica in base all'articolo 32 della Costituzione ndr.)
«Anche sotto il profilo etico, non è possibile ipotizzare condotte differenti. Una volontà del paziente consapevole e pienamente informata, e - laddove le circostanze lo consentano - ribadita nel tempo, deve pertanto essere sempre rispettata. Pur consapevoli delle circostanze (elevato carico di lavoro, tempi decisionali ridotti, forte pressione ambientale, ecc), la relazione con il paziente non può però ridursi ad avere le caratteristiche di un atto di tipo meramente burocratico, cioè una semplice “presa d’atto” della volontà del paziente, quale che essa sia e quali che siano le sue motivazioni. La tensione per offrire chance di vita e di salute, sempre orientata a valutare con attenzione la proporzionalità delle cure, richiede a tutti noi lo sforzo di spiegare e motivare:
1) per tempo,
2) con la massima attenzione e rispetto,
3) in modo chiaro, veritiero e documentato e, se le circostanze lo consentono,
4) con ragionevole insistenza e in modo ripetuto, l’indicazione e l’utilità dell’impiego di trattamenti di supporto vitale (ivi compresa, se clinicamente appropriata, la ventilazione invasiva).
(...). Il rifiuto di trattamenti di supporto vitale da parte di persone appartenenti al cosiddetto mondo “negazionista” o “no-vax” rappresenta oggettivamente un aspetto gravoso e doloroso per i medici e per gli infermieri delle nostre Terapie Intensive, che sono impegnati con dedizione ogni giorno in uno strenuo lavoro per curare i pazienti e cercare di offrire loro chance di guarigione e di vita piena. Ciò nonostante non deve mai venir meno un atteggiamento rispettoso e “non giudicante”. Per quanto le circostanze possano essere difficili e faticose, al rifiuto ripetuto e ostinato del paziente non deve far seguito il suo “abbandono”. Deve piuttosto essergli sempre garantito un adeguato livello di cure e, qualora necessario, la loro rimodulazione in chiave palliativa».