L’incontro di Nanni Banchi con don Milani non presagiva quello che poi è stato. Non era immaginabile per com’era cominciata e soprattutto finita tra il giovane Banchi e il Priore di Barbiana che proprio Nanni sarebbe diventato presidente del Centro documentazione.
Non era immaginabile perché si erano mandati pesantemente a quel paese. «L’avevo conosciuto perché con i ragazzi veniva a servirsi alla bottega di falegnameria di mio padre a Vicchio. Erano i suoi primi tempi a Barbiana e noi s’era sempre lavorato con i preti, anche se eravamo abituati a vederli pagare in natura, poco e male: un po’ di piselli, mezzo fiasco di vino. Lui no, ma io con preti l’avevo un po’ per quella miseria. Casa mia, per quanto s’era poveri, non era terzo mondo, forse quarto. Lui arrivava con i sette –otto ragazzi e chideva al mi’ babbo le cose di cui aveva bisogno e poi faceva un sacco di domande. Voleva che si spiegasse ai ragazzi che cos’erano gli attrezzi, come funzionava questo e quello. Mio padre un po’ rispondeva, un po’ si scocciava, ma in fondo gli stava simpatico».
Erano gli anni in cui la scuola di don Milani a Barbiana si stava trasformando in scuola d’avviamento professionale, si imparavano mestieri: «Si cominciò allora con mio padre e mio cugino ad andare su di tanto in tanto a insegnare un po’ di falegnameria».
Il giovane Nanni intuiva la novità, ma c'era di mezzo anche la diffidenza verso il prete: «Io li vedevo quei ragazzi che lassù imparavano le lingue, vedevo che si imparava andando a fondo delle cose, anche se io da ignorante pensavo male di quella scuola con quei ragazzi rapati a zero, perché non avevo capito che non era per dittatura che si tagliavano i capelli ma perché c’erano i pidocchi ed era questione di igiene. Oggi forse è un atto di presunzione, dal lato della mia mancanza di cultura, pensare di aver intuito presto che quel prete guardava molto lontano. Lo sentivo, senza ammetterlo».
Va a finire che quella curiosità si trasforma in un'occasione non colta: «Una sera che ero salito tardi per consegnare un lavoro, mi sono giocato la mia opportunità con lui. Era dopo cena e i ragazzi stavano guardando le stelle nel telescopio. Lui mi disse “Nanni, guarda anche tu. Che stella è quella?”. Invece di guardare gli risposi male, da bullo. Gli dissi, volgarmente che a me delle stelle non importava nulla che mi desse le 25 lire e me ne sarei andato. Mi prese a male parole: “Tu, così, sarai sempre un ignorante, passerai la vita a guardar per terra e obbedire a chi ti comanda”. Mi punse nel vivo perché militavo all’estrema sinistra. E invece di riflettere su quello che mi aveva detto me ne andai da Barbiana e non ci tornai più fino al giorno del suo funerale».
A innescare quella scintilla che la vita non aveva fatto in tempo ad accendere, pensò un episodio di pochi anni dopo. "C’era stato un crollo al cimitero e mi avevano riferito che dei tedeschi vedendo il degrado avevano detto male di Vicchio il mio Paese, dissero che non avevamo in conto la memoria del Priore o almeno così mi riferirono perché io il tedesco non lo capivo. Ci restai male e, dato che facevo il carpentiere, mi misi d’accordo con altri e ci dicemmo: se non l’accomodano le istituzioni facciamo lo noi. Un giorno mentre eravamo a riaccomodare arrivò un gruppo di ragazzi di una scuola, volevano sapere di don Milani. Noi si stava lavorando e Francuccio che faceva da capomastro disse loro: “Se si sta a parlare non si lavora, tornate all’ora di pranzo e vi raccontiamo”. Ma loro dovevano tornare a casa: erano di Canicattì. A me non sembrava giusto, che se ne fossero andati così e lo dissi a Francuccio: facciamo qualcosa. Che so? Un centro documentazione. Oggi dopo 43 anni lo posso ammettere: io non sapevo neanche che voleva dire Centro documentazione, dovevo aver copiato una cosa che avevo sentito alla casa del popolo o alle Acli dove andavo a giocare a biliardo. Ma Francuccio, che invece lo sapeva, mi diede ragione. Si misero giù i dieci punti del regolamento e ancora siamo lì nella biblioteca di Vicchio. Ho capito dopo che cosa volesse dire. Non sono acculturato, ma so stare appresso alla gente e se mi viene un frate, un prete che ci può aiutare io gli do da fare, se mi vengono delle persone racconto quello che so».
Don Milani da lassù forse sorriderà vedendo il ribelle che non è riuscito a domare farsi carico della sua storia accanto a quelli che ha cresciuto.