Basta un ovetto di cioccolato con la
sorpresa per far felici Falak e Hussin.
Gli si apre davanti un mondo. Hanno
7 e 6 anni. Per loro sarebbe l’età dei
primi passi a scuola, dei giochi e delle fiabe. Invece Falak e Hussin sono già
profughi di guerra senza terra. Nati in Siria
pochi mesi prima della catastrofe, questi
due bambini non hanno fatto in tempo a
crescere nel loro Paese. Sono dovuti fuggire
verso il Libano. E Falak, doppiamente sfortunata,
ha anche perso un occhio per un tumore.
Ma ora eccoli qui a Trastevere, accanto ai
loro genitori, in una sala della scuola per
stranieri della Comunità di Sant’Egidio. Falak e
Hussin giocano con gli ovetti, mentre Suliman
e Yasmien, papà e mamma, timidi e sorridenti,
raccontano la loro storia.
Sono arrivati in Italia il 4 febbraio in aereo,
in modo sicuro e legale, senza essere costretti
a un viaggio in mare. Quella di questa famiglia
siriana è la prima storia di successo dei
corridoi umanitari resi possibili dall’accordo firmato il 15 dicembre scorso da Comunità di
Sant’Egidio, Federazione delle Chiese evangeliche
in Italia e Tavola valdese, insieme con i
ministeri degli Esteri e dell’Interno.
ELETTRICISTA LUI, STUDENTESSA LEI. Il progetto,
finalmente una vera ed efficace alternativa
ai “viaggi della morte” attraverso il Mediterraneo,
prevede l’ingresso in Italia dei profughi
più “vulnerabili”, facilmente vittime dei
trafficanti di esseri umani, come donne sole
con bambini, anziani, persone malate o disabili,
soggetti riconosciuti come rifugiati
dall’Unhcr (l’agenzia delle Nazioni Unite per i
rifugiati). Ne arriveranno in Italia un migliaio,
provenienti da Libano, Marocco ed Etiopia.
Suliman Alhourani ha 35 anni, Yasmien
27. Sono di Homs, una città della Siria occidentale
che prima della guerra contava
800 mila abitanti. A Homs lui faceva l’elettricista,
riparava televisioni e computer, lei
studiava inglese all’università. «Abitavamo
con la famiglia di Suliman, ma avevamo una
stanza tutta per noi e i bambini», racconta Yasmien.
Lo scoppio della guerra nel 2011 sconvolge
la loro vita. «La nostra casa è bruciata»,
dice Yasmien, «e siamo dovuti fuggire lasciando
tutto. Abbiamo preso soltanto qualche vestito
e ci siamo rifugiati dentro una scuola».
Così diventano sfollati. Intanto c’è anche
da pensare a Falak, che nasce con un occhio
malato e avrebbe bisogno di cure assidue che
invece non sono possibili. L’occhio sinistro,
aggredito da un tumore, ormai è perduto.
LE CURE PER LA BAMBINA. Quando la vita nella
scuola di Homs diventa impossibile a causa
delle bombe, Suliman e la sua famiglia fuggono
in Libano. Vanno a Tripoli, dove già vive
una sorella di Suliman e la vita è meno cara rispetto
a Beirut. Si adattano a vivere dentro un
garage pagando 200 dollari al mese, mentre
Suliman guadagna qualcosa lavorando come
elettricista per il vicinato. Ma i pensieri suoi
e di Yasmien sono tutti per la piccola Falak.
Dove portarla per farla curare? Come andare
in Europa?
Una serie di circostanze fortunate gioca
a loro favore. Il caso di Falak viene segnalato
alla Federazione delle Chiese evangeliche da
un fratello di Yasmien che vive in Germania.
Un medico italiano della Chiesa evangelica
visita Falak in Libano e nel frattempo, a metà
dicembre, viene firmato a Roma l’accordo per
il progetto dei corridoi umanitari.
«L’accordo fa leva sull’articolo 25 del Regolamento
per i visti dell’Unione europea,
che rende possibile il rilascio di visti umanitari
a territorialità limitata, quindi nel
nostro caso solo per l’Italia, anche se è uno
strumento che potrebbero benissimo utilizzare
altri Paesi», spiega Daniela Pompei,
responsabile della Comunità di Sant’Egidio
per i servizi agli immigrati.
A fine gennaio Rinaldo Piazzoni, altro
esponente della Comunità, parte da Roma per
Tripoli. In pochi giorni vengono concessi i visti
e le autorizzazioni dalle autorità libanesi e
italiane. La famiglia può partire. Dopo l’arrivo,
Falak viene subito affidata ai medici del
Bambino Gesù, ora è in buone mani e ha
già fatto un breve ciclo di chemioterapia.
Yasmien e Suliman la guardano e dicono: «La
cosa più importante è la sua guarigione».
Ora loro cominceranno a studiare l’italiano.
A fine mese arriveranno in Italia altri
cento sfollati siriani che saranno distribuiti
in varie località italiane grazie alla Comunità
Papa Giovanni XXIII, Sant’Egidio, le Chiese
evangeliche e i Valdesi. Il progetto dei corridoi
umanitari è finanziato in larga parte con l’8
per mille della Tavola valdese, ma Sant’Egidio
ha avviato anche una raccolta fondi e fa appello
alla generosità degli italiani.