E' ormai un dato di fatto: i continui
progressi scienti ci
hanno aumentato le aspettative
di durata della vita media
della popolazione. Allo stesso tempo,
però, questa “estensione” corrisponde
a una maggiore possibilità di contrarre
patologie tipiche della fascia più anziana
della popolazione. Pensiamo, ad
esempio, alle malattie dell’occhio, come
la degenerazione maculare legata all’età
(Amd), una grave forma di maculopatia,
che colpisce prevalentemente le persone
di età superiore ai 50 anni. Oggi ci
sono importanti novità terapeutiche: il
professor Andrea Cusumano, ospite della
trasmissione Il mio medico ci spiega
proprio le nuove cure che presto arriveranno
anche in Italia.
Che cos’è la degenerazione maculare legata all’età?
«Con questo nome, identi chiamo una
grave patologia oculare che colpisce la
parte centrale e più importante della retina, cioè la macula, quella che ci permette
di vedere nitidamente il mondo
che ci circonda, di riconoscere le persone,
di leggere e di guidare. Esistono due
forme della malattia, una chiamata atrofica, e una di tipo essudativa. La prima
si associa a una progressiva alterazione
anatomica di alcune strutture retiniche
– l’epitelio pigmentato e i fotorecettori
(coni e bastoncelli) – localizzate proprio
al centro della macula. I fotorecettori, in
particolare, sono capaci di tradurre gli
impulsi luminosi provenienti dal mondo
esterno in un impulso elettrico, che
poi viene elaborato e trasmesso attraverso
le vie ottiche fino alla corteccia cerebrale:
una loro alterazione può determinare
una signi ficativa riduzione della
capacità visiva. Invece, il tipo essudativo
è caratterizzato dalla formazione, al
di sotto della retina, di neovasi patologici,
con conseguenti fenomeni emorragici
che poi provocano la deformazione
delle immagini. Se non si interviene rapidamente, il rischio è quello di un’irreversibile
perdita della visione centrale».
Quali sono i segnali tipici che ci permettono di riconoscerla?
«Nella fase iniziale della degenerazione
maculare di tipo atro co, il paziente
può percepire i seguenti sintomi: necessità
di aumentare la luce per leggere, difficoltà nella visione notturna o in condizioni
di scarsa illuminazione, riduzione
della sensibilità al contrasto e della percezione
dei colori, difficoltà nella lettura
di un libro o di un giornale, progressiva
riduzione della visione centrale. Nella
fase più grave e avanzata, denominata
atrofia geografia, non si riesce più a distinguere
i volti delle persone e, talora,
si percepiscono delle immagini “fantasma”
che vengono erroneamente interpretate
come fenomeni di allucinazione.
Già nelle prime fasi, spesso subdole
e non adeguatamente considerate, è essenziale
rivolgersi al proprio oculista
per effettuare un’attenta analisi del fondo
oculare con esami strumentali non
invasivi, quali l’Oct (Tomografia a coerenza
ottica) oppure anche un’angiografia a fluorescenza (Fag) e con verde indocianina
(Icg), eseguiti con speciali mezzi
di contrasto».
Nel caso di una perdita improvvisa della visione centrale, occorre recarsi in pronto soccorso?
«Quando il paziente, che talora è già affetto da una degenerazione maculare di tipo atro co, presenta un’improvvisa distorsione delle immagini o una perdita della visione centrale, è probabile che ci si trovi in presenza della forma essudativa. In tal caso, la rapidità del trattamento, che deve essere il più tempestivo possibile, farà la differenza tra il mantenimento della capacità visiva o la possibile evoluzione in una vera e propria forma di cecità».
La maculopatia essudativa si può curare, o c’è il rischio di diventare ciechi?
«Se diagnosticata tempestivamente e trattata adeguatamente, esistono concrete aspettative di mantenimento della visione. Recentemente, è stata introdotta una nuova terapia, che abbiamo voluto denominare farmacochirurgia, che consiste nell’impiego di farmaci che bloccano l’azione di un fattore vaso-proliferativo endoteliale (chiamato Vegf ), il quale stimola la crescita dei neovasi patologici e ne promuove lo sviluppo, determinando la progressione della malattia. Questi farmaci, denominati anti-Vegf, derivati direttamente dalla biologia molecolare, vengono iniettati all’interno dell’occhio nella cavità vitreale, in anestesia locale e senza il minimo dolore. Hanno la proprietà di rallentare e talora interrompere l’evoluzione della maculopatia essudativa, consentendo l’impiego di concentrazioni terapeutiche minime ed eliminando gli effetti collaterali che si potrebbero manifestare in seguito alla loro somministrazione per via sistemica. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, questa terapia deve essere ripetuta nel tempo, pena una possibile recidiva della malattia. (Su questi farmaci, come abbiamo evidenziato nel numero di settembre della nostra rivista, è comunque in corso una polemica: l’Organizzazione mondiale della sanità, infatti, ha messo in luce un forte rischio di controindicazioni legati all’assunzione di alcuni di loro, ndr.)».
E per quanto riguarda le terapie, a che punto siamo?
«Fino a oggi, i pazienti che erano affetti dalla Amd atrofica potevano contare esclusivamente sull’assunzione di alcuni integratori, per rallentare la progressione della malattia. Negli ultimi anni, un importante studio multicentrico, denominato “Areds II”, ha portato a un cambiamento nella formulazione di questi integratori e a una pur lieve implementazione degli effetti terapeutici attesi. Recentemente, e per la prima volta in assoluto, una nuova molecola iniettata nella cavità vitreale con le stesse modalità utilizzate per la terapia della forma essudativa ha dimostrato di potere rallentare la progressione della forma atrofica. Tale molecola, denominata anti-factor D, a quanto pare può ridurre la progressione della malattia addirittura nel 44 per cento di pazienti che presentano una predisposizione genetica. Se questi dati, come pure la sicurezza e l’efficacia dell’anti-Factor D, verranno confermati da uno studio internazionale attualmente in corso, avremo per la prima volta la certezza di disporre di un’arma efficace per il trattamento di questa grave e invalidante malattia».
Rimane fondamentale la prevenzione: quali esami devono essere fatti, e a quale età?
«Innanzitutto, al di sopra dei 50 anni è
opportuno sottoporsi a una visita oculistica
annuale con esame del fondo oculare.
Quando invece esiste una familiarità,
è opportuno effettuare anche un
Oct maculare e, in alcuni casi, in cui si
sospetta la presenza di una membrana
neovascolare coroideale, è necessario
completare l’iter diagnostico mediante
l’esecuzione di una angiografia a fluorescenza
o con verde indocianina che ne
permettono una migliore identificazione
e quantificazione».
Possiamo dare dei consigli per prevenire le malattie degli occhi?
«Una corretta alimentazione, ricca di
beta-carotene, vitamina C ed E, zinco,
luteina, zeoxantina e Omega3 può ridurre
l’incidenza della degenerazione
maculare legata all’età e della cataratta.
Allo stesso modo, l’eliminazione del
fumo, una dieta povera di grassi e una
protezione attenta e prolungata dagli ultravioletti
(Uva, Uvb e Uvc) può contribuire
in modo diverso al raggiungimento
di un significativo effetto preventivo.
Nei pazienti particolarmente a rischio, è
utile effettuare un test genetico attraverso
un semplice prelievo di saliva. Una
volta acquisiti i risultati, è fondamentale
valutarli attentamente, insieme a tutti
gli altri fattori di rischio esistenti, con un
genetista per valutare – laddove necessario
– di modificare alcuni stili di vita e
lavorativi se essi possono costituire un
significativo aumento di rischio nel contrarre
la malattia».