È il simbolo della purezza difesa al
costo della vita dopo un tentativo di stupro. Morì a 12 anni, fu
beatificata nel 1947 e proclamata santa nel 1950 da papa Pio XII
durante quell’Anno Santo.
Il suo assassino,
Alessandro Serenelli, fu condannato a 30 anni di prigione. Si pentì
e si convertì solo dopo aver sognato Maria che gli diceva avrebbe
raggiunto il Paradiso. Quando fu scarcerato dopo 27 anni chiese
perdono alla madre della ragazza.
La famiglia povera nelle paludi dell'Agro Pontino
Maria
Goretti, nata a Corinaldo (Ancona) il 16 ottobre 1890 e battezzata lo
stesso giorno, fu poi cresimata, secondo l’uso dei tempi in piccola
età, il 4 ottobre 1896 quando il vescovo Giulio Boschi, giunse in
visita pastorale nel paesino. Nel 1897, i genitori Luigi Goretti e
Assunta Carlini che avevano oltre la primogenita Maria, altri quattro
figli, essendo braccianti agricoli e stentando nel vivere quotidiano
con la numerosa famiglia, decisero di trovare lavoro altrove; mentre
tanti compaesani tentavano l’avventura dell’emigrazione nelle
Americhe, essi scelsero di spostarsi nell’Agro Pontino nel Lazio,
che essendo infestato dalla malaria, pochissimi sceglievano di
trasferirsi lì.
Giunsero dapprima nella tenuta del senatore
Scelsi a Paliano, come mezzadri insieme ad un’altra famiglia già
residente i Serenelli, pure di origine marchigiana, composta solo da
padre e figlio, essendo la madre morta da tempo. Poi i rapporti
con il proprietario si guastarono, ed i Serenelli ed i Goretti
dovettero lasciare Paliano e fortunatamente trovarono, sempre come
mezzadri, un’altra sistemazione nella tenuta del conte Lorenzo
Mazzoleni a Ferriere di Conca, nelle Paludi Pontine; zona che prima
della bonifica, iniziata nel 1925 e completata soltanto nel 1939,
fungeva da diga naturale fra la parte settentrionale e l’immenso
acquitrino a sud; non era certamente un luogo salutare, perché
d’estate era invaso dalle zanzare e dalla malaria; il chinino unico
farmaco efficace, era soprattutto usato per scopo terapeutico, ma non
serviva per lo scopo preventivo.
La casa del martirio di Santa Maria Goretti
L'accordo con la famiglia Serenelli
Mentre i genitori si adoperavano
nel lavoro massacrante dei campi, Maria accudiva alle faccende
domestiche, tenendo in ordine la casa colonica e badando ai
fratellini più piccoli. Dopo alcuni anni, il 6 maggio 1900, il padre
non ritornò a casa, stroncato dalla malaria ai margini della palude,
Maria aveva allora 10 anni; prese a confortare la mamma rimasta sola
con la famiglia e con un lavoro da svolgere superiore alle sue forze;
nonostante che il raccolto fosse buono quell’anno, la famiglia
rimase in debito con il conte Mazzoleni dei diritti di mezzadria, di
ben 15 lire dell’epoca. Il proprietario dopo aver invitato la
madre a lasciare quel lavoro e la casa, perché era impossibile
mantenere il rapporto lavorativo legato ad un mercato esigente e ad
un raccolto abbondante e sicuro; ma dietro la disperata richiesta di
mamma Assunta di restare, perché con cinque figli non aveva dove
andare, il conte acconsentì purché nel rimanere si associasse ai
Serenelli, che abitavano nella stessa cascina e coltivavano altri
terreni.
La soluzione sembrò ideale, i
Serenelli padre e figlio coltivavano i campi e Assunta accudiva i
figli e le due case, oltre ai lavori sull’aia; mentre Maria si
dedicava alla vendita delle uova e dei colombi nella lontana Nettuno,
al trasporto dell’acqua che non era in casa come oggi, alla
preparazione delle colazioni per i lavoratori nei campi, al rammendo
del vestiario. Non aveva più potuto andare a scuola, che già
frequentava saltuariamente; era definita dalla gente dei dintorni “un
angelo di figliola”; recitava il rosario, era molto religiosa come
d’altronde tutta la famiglia. Aveva insistito di fare la Prima
Comunione a meno di undici anni, invece dei dodici come si usava
allora; con grandi sacrifici riuscì a frequentare il catechismo, e
così nel maggio del 1902 poté ricevere l'Eucarestia.
I rapporti si incrinano
Fino ad allora la sua fu una vita di
stenti, duro lavoro, sacrifici, poche Messe alle quali assisteva
nella chiesa della vicina Conca, oggi Borgo Montello, ma che da
giugno a settembre chiudeva, quando i conti Mazzoleni partivano per
sfuggire alla malaria e alle zanzare che proliferavano con il caldo.
Allora sacrificando ore al sonno, si recava a Messa a Campomorto
distante parecchi km. Intanto i rapporti fra il Serenelli padre e
Assunta Goretti si incrinarono, in quanto egli essendo vedovo fece
ben presto capirle che se voleva mangiare lei e la sua famiglia,
doveva sottomettersi alle sue richieste non proprio oneste. Siccome
Assunta non era disposta a cedere, il Serenelli cominciò a
controllare tutto, persino le uova nel pollaio e a passarle gli
alimenti con il contagocce.
Maria intanto giunta ai dodici anni,
cominciava a svilupparsi nel fisico, diventando di bell’aspetto, ma
il suo animo era semplice e puro e non aveva avuto tempo di sognare
per il suo futuro, tutta presa ad aiutare nel lavoro, sostenere e
incoraggiare la mamma, accudire i fratelli piccoli. Il figlio del
Serenelli, Alessandro, aveva intanto raggiunto i 18 anni, di fisico
robusto era l’orgoglio del padre, non solo perché sapeva lavorare
sodo nei campi, ma cosa rara in quei tempi fra i contadini, sapeva
leggere e scrivere; quando si recava in paese, ritornava sempre con
qualche rivista poco raccomandabile, che portata in casa, suscitava
le proteste di Assunta, ma il padre lo giustificava dicendo che
doveva esercitarsi nella lettura. Alessandro ormai guardava Maria
con occhi diversi da qualche anno prima e cominciava a cercare di
avere degli approcci particolari, insidiandola varie volte, sempre
respinto dalla ragazza; un giorno fece apertamente delle proposte
peccaminose e al rifiuto di Maria, temendo che ne parlasse in
famiglia, la minacciò di morte se lo avesse fatto.
Maria per non aggravare i già tesi
rapporti fra le due famiglie, stette zitta, rimanendo meravigliata
dalla situazione che non capiva, perché aveva sempre considerato
Alessandro come un fratello.
Nettuno, 1969: papa Giovanni Paolo II in preghiera davanti alle spoglie di Santa Maria Goretti
5 luglio 1902: il tentativo di stupro e il perdono
Il 5 luglio 1902 i Serenelli ed i
Goretti erano intenti alla sbaccellatura delle fave secche e Maria
seduta sul pianerottolo che guardava l’aia, rammendava una camicia
del giovane Alessandro. Ad un certo punto questi lasciò il
lavoro e con un pretesto si avviò alla casa; giunto sul pianerottolo
invitò Maria ad entrare dentro, ma lei non si mosse, allora la prese
per un braccio e con una certa forza la trascinò dentro la cucina
che era la prima stanza dove s’entrava. Il racconto è dello
stesso Alessandro Serenelli, fatto al Tribunale Ecclesiastico; Maria
Goretti capì le sue intenzioni e prese a dirgli: “No, no, Dio non
vuole, se fai questo vai all’inferno”. Ancora una volta respinto,
il giovane andò su tutte le furie e preso un punteruolo che aveva
con sé, cominciò a colpirla; Maria lo rimproverava e si divincolava
e lui ormai cieco nel suo furore, prese a colpirla con violenza sulla
pancia e lei ancora diceva: “Che fai Alessandro? Tu così vai
all’inferno…”, quando vide le chiazze di sangue sulle sue
vesti, la lasciò, ma capì di averla ferita mortalmente. Le
grida della ragazza a malapena sentite dagli altri, fecero accorrere
la madre, che la trovò in una pozza di sangue, fu trasportata
nell’ospedale di Orsenico di Nettuno, dove a seguito della copiosa
perdita di sangue e della sopravvenuta peritonite provocata dalle 14
ferite del punteruolo, i medici non riuscirono a salvarla.
Ancora
viva e cosciente, perdonò al suo assassino, dicendo all’affranta
madre che l’assisteva: “Per amore di Gesù gli perdono; voglio
che venga con me in Paradiso”; fu iscritta sul letto di morte tra
le Figlie di Maria, ricevé gli ultimi Sacramenti e spirò il giorno
dopo, il 6 luglio 1902.
Il pentimento di Alessandro e la richiesta di perdono
Alessandro arrestato e condannato
al carcere, già nel 1910 si era pentito e aveva sognato “Marietta”,
come veniva chiamata, in Paradiso che raccoglieva fiori e glieli
donava con il suo inconfondibile sorriso. Quando uscì dal
carcere nel 1928, andò da mamma Assunta a chiederle perdono e in
segno di riconciliazione si accostarono entrambi alla Comunione,
nella notte di Natale di quell’anno. Il 31 maggio 1935 nella
Diocesi di Albano si apriva il primo processo per la sua
beatificazione, che avvenne il 27 aprile 1947 con Pio XII, lo stesso
papa la canonizzò il 24 giugno 1950, di fronte ad una folla immensa,
dopo essersi congratulato con la madre, che ammalata e seduta su una
sedia a rotelle, assisté al rito da una finestra del Vaticano.
Il
suo corpo riposa nella cappella a lei
dedicata, nel santuario della Madonna delle Grazie a Nettuno,
custodito dai Padre Passionisti e meta di innumerevoli pellegrinaggi
da tutto il mondo cattolico.