Francesco Clementi.
Venerdì 24 giugno la Corte Suprema degli Stati Uniti ha ribaltato il diritto costituzionale all'aborto che dal 1973 era protetto con la storica decisione Roe v Wade. «Con questa sentenza la Corte Suprema de-federalizza il diritto costituzionale all’aborto. Quindi rende il diritto all’aborto negli Stati Uniti sempre possibile, ma non più in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale. Ora i singoli stati sono liberi di legiferare in modo più o meno restrittivo», spiega Francesco Clementi, professore di Diritto pubblico comparato nell’Università di Perugia presso il Dipartimento di Scienze politiche. Clementi è tra gli autori di Diritto costituzionale degli Stati Uniti d'America. Una introduzione (pubblicato nel 2022, edito da Giappichelli). Con Gianluca Passarelli nel 2020 ha scritto Eleggere il presidente. Gli Stati Uniti da Roosevelt a oggi (Marsilio). L’abbiamo raggiunto per chiarire con lui, al di là di ogni valutazione etica o religiosa sull’aborto, quali saranno Oltreoceano, a livello giuridico, gli effetti immediati, e nel futuro, di questa sentenza che ha attirato e continua a polarizzare l’attenzione mondiale.
Professor Clementi, finora il diritto all’aborto negli Stati Uniti era garantito solo dalla sentenza della Corte del 1973?
«Esatto. La sentenza del 1973 era l’unico perno federale sul quale appoggiare il diritto all’aborto, senza altri appigli legislativi. Anche se spesso gli Stati a modello federale si affidano alle legge per definire standard validi su tutto il territorio nazionale, così da garantire il diritto di eguaglianza».
Con la sentenza del 24 giugno si è verificato un caso definito tecnicamente di overruling, di che cosa si tratta?
«Significa che la Corte ha disconosciuto i precedenti che la stessa Corte, nel corso degli ultimi 50 anni ,aveva definito. È una pratica rara, ma che esiste ed è pienamente legittima, perché la Corte adatta la sua giurisprudenza a mille interpretazioni valutative, soprattutto se hai una costituzione breve e antica come quella americana”».
Un analogo caso di overruling, dunque, potrebbe a sua volta ribaltare la sentenza del 24 giugno?
«Certo. Però l’eventuale modifica potrebbe esserci con una Corte diversa da quella attuale. perché ovviamente i giudici che ora siedono nella Corte sono schierati a difesa di questa sentenza».
Oggi quali sono gli equilibri politici all’interno della Corte Suprema?
«Oggi la Corte è divisa in tre tronconi e l’equilibrio risente della nomina di tre giudici ultra conservatori da parte di Trump. Ci sono cinque giudici della destra radicale, tre progressisti e il giudice capo John Roberts, repubblicano ma con posizioni più moderate rispetto ai suoi colleghi e aperto al dialogo. Ricordo che i giudici sono come dei sovrani, nominati a vita e nessuno può mandarli a casa».
Il Congresso, tuttavia, potrebbe sempre approvare una legge federale sull’aborto, secondo l’orientamento prevalente tra i democratici?
«Sì, potrebbe farlo, ma Biden e i democratici hanno una maggioranza debole e questo rende impossibile una legge a maggioranza democratica. Se i democratici volessero cercare il dialogo con i repubblicani, potrebbero immaginare una legge che, all’interno della sentenza del 24 giugno, identifichi dei margini per intervenire, per esempio legittimando l’aborto in caso di stupro o incesto. Credo che molti repubblicani sarebbero a favore di una legge di questo tipo».