Andrea Valesini.
Con L’inverno ucraino. Cronache tra un popolo (Oltre Edizioni), Andrea Valesini – caporedattore de L’Eco di Bergamo – firma un libro di reportage che va ben oltre la semplice narrazione giornalistica pur radiografando la pura realtà: è un atto d’amore verso un popolo, una terra martoriata e, insieme, un monito lucido e doloroso contro l’oblio e l’indifferenza. Il titolo è già un’immagine forte, ambivalente: l’inverno come stagione reale, quella che ha avvolto milioni di ucraini nel buio e nel gelo causati dai bombardamenti sulle infrastrutture energetiche, e l’inverno simbolico, quello nei cuori, scatenato dallo choc dell’invasione russa del 24 febbraio 2022. Da quel giorno, il tempo in Ucraina si è spezzato: c’è un prima e un dopo, e Valesini, con uno stile sobrio e partecipe, si fa testimone del dopo, camminando fra le macerie e le vite spezzate.
Questa raccolta – una trentina di reportage pubblicati tra marzo 2022 e novembre 2024 – non cerca spiegazioni geopolitiche né indulge in analisi da salotto: è cronaca vissuta, è immersione empatica nei luoghi-simbolo della tragedia (Bucha, Mariupol, Odessa, Kharkiv…), ma soprattutto è ascolto delle voci, delle paure, della dignità delle persone che resistono. L'autore ha fatto suo l'invito di papa Francesco ai giornalisti: quello di consumare le suole delle scarpe. Le ha consumate in decine di villaggi e città ucraine, animate dalla passione per il suo mestiere e la vocazione di cacciatore di storie, di testimone della verità. Valesini entra nelle case, nelle chiese, negli ospedali, nelle tende dei profughi e delle ONG, per raccogliere quel dolore sommesso e spesso dimenticato che fa la sostanza vera della guerra. Per fare chiarezza su una guerra atroce ma offuscata da un polverone mediatico che non permette quasi mai di analizzare con oggettività i fatti. Paradossalmente. il clamore mediatico della nostra epoca ha rivalutato la missione di reporter, unica professione in grado di testimoniare la verità.
Straordinario è il rispetto con cui l’autore si avvicina a ogni storia: ogni testimonianza è trattata con pudore, ogni dettaglio viene restituito con precisione, ma senza compiacimento. Colpisce, ad esempio, la frase pronunciata da una donna ucraina dopo l’intervista: «Ci siamo sentiti di nuovo persone». È in questa breve espressione che si condensa la forza del libro: il giornalismo che diventa ponte, che restituisce umanità a chi l’ha perduta. Valesini non tace nulla. Denuncia apertamente la strategia della “deucrainizzazione” imposta da Mosca: una cancellazione sistematica di identità, lingua, cultura. Lo fa con rigore e con coraggio, documentando la distruzione di scuole, biblioteche, chiese, abitazioni. Ma accanto al dolore, dà voce anche alla speranza: quella incarnata dalle Caritas ucraine, dalle associazioni italiane, dagli operatori internazionali che, nel mezzo della catastrofe, ricuciono pezzi di futuro. E qui la speranza non è ottimismo ingenuo, ma virtù teologale, scrive l’autore, fondata sulla certezza che «il male non ha l’ultima parola».
In un’epoca in cui la guerra tende a diventare notizia di routine, e la distanza emotiva si fa sempre più larga, L’inverno ucraino ha il merito di riportarci al centro della tragedia con sobrietà e verità. «La parola speranza non è sinonimo di ottimismo», scrive Valesini, «indica una virtù teologale e si poggia su certezze: il male non ha l’ultima parola, il bene è in azione anche in Ucraina, identificabile proprio in chi agisce in mezzo al conflitto per salvare vite, per riparare e ricostruire ciò che viene quotidianamente distrutto da colpi d’artiglieria, missili e droni esplosivi. Dall’odio. E’ più facile distruggere che ricostruire. Le esistenze annientate non tornano ma la vita non è azzerabile, resiste e si rigenera anche a guerre in corso». È un libro che onora il miglior giornalismo: quello che non grida, ma scava. Quello che non spiega, ma racconta. Quello che, infine, non dimentica che dietro ogni cifra, ogni titolo, ogni bollettino, c’è sempre un volto. E una storia di lacrime e sangue che merita di essere ascoltata.