Sopra e in copertina: monsignor Rolando Josè Alvarez Lagos, 56 anni. È vescovo di Matagalpa dal 2011 e amministratore apostolico di Estelí dal 2021. È un oppositore del presidente nicaraguense Daniel Ortega. Archivio foto Reuters.
Sono passati 5 mesi da quando monsignor Rolando Josè Alvarez è stato rinchiuso nel penitenziario di Managua, capitale del Nicaragua. Il motivo, per il governo del presidente nicaraguense, il sandinista Daniel Ortega e della copresidente Rosario Castillo, sua moglie, è di essere un oppositore del governo, persona che ha turbato la pubblica tranquillità, autore di crimini contro la società e lo Stato. Il vescovo, 56 anni, voce libera in uno stato che non accetta critiche, è stato privato della nazionalità e i suoi diritti di cittadinanza sono stati sospesi a vita. La sentenza di condanna a 26 anni e 4 mesi di carcere è stata emessa il 10 febbraio 2023, un giorno dopo del rifiuto di salire a bordo di un aereo che avrebbe dovuto portare lui e altri 222 prigionieri politici negli Stati Uniti.
La rinuncia all’esilio ha provocato l’ira del presidente del Nicaragua che ha accusato di follia e arroganza il prelato. Alvarez ha accettato la prigionia, un modo per manifestare la vicinanza a tutti i nicaraguensi privati giorno dopo giorno di serenità e libertà. Si tratta di condividere - per un uomo abituato a partecipare alle pene dei suoi connazionali, persone semplici, tanti i poveri - la difficoltà di una realtà politica tra le più repressive del continente. Infatti il vescovo era arresti domiciliari nella sua residenza di Matagalpa dall'agosto 2022 perché indagato. L’immagine di Alvarez con le mani alzate, inginocchiato sul marciapiede, tra gli agenti di polizia e alcuni fedeli, è circolata non solo sui tg latinoamericani. Grazie ai social, in molti, credenti e non, hanno provato meraviglia a vedere l’uomo disarmato, circondato dalla polizia del suo Paese. La foto svela che la revoluciòn attesa come liberazione da una dittatura, era diventata repressione, violando la libertà e il diritto di espressione. Lo testimoniano i giornalisti espulsi o in carcere per aver espresso opinioni non gradite al regime Ortega-Murillo.
Colorate adunate di piazza a Managua vorrebbero comunicare una pace sociale che stenta a palesarsi nel piccolo stato centramericano. La situazione è molto delicata e drammatica. In questi giorni alcuni media hanno parlato di una trattativa per liberare il vescovo e farlo arrivare a Roma. Al momento sembra che siano solo ipotesi, poiché il prelato è rinchiuso nelle carceri del suo amatissimo Paese. Di certo c’è che all’assenza di immagini e dichiarazioni, un paio di mesi fa sono circolati foto e immagini di Alvarez visitato dai fratelli e intervistato da un giornalista; il governo ha voluto dimostrare che il vescovo era vivo a fronte delle notizie che lo davano sparito tra le celle di una prigione tra le più dure del Nicaragua.
Erano state diverse organizzazioni a tutela dei diritti umani e gruppi di opposizione a interpellare il governo Ortega-Murillo in merito a notizie sulla vita del vescovo di Matagalpa, una delle voci più critiche nei confronti del governo, temendo per la sua vita. I rapporti di Ortega con tutte le realtà del Nicaragua sono difficili. Non fa eccezione la Chiesa cattolica, vista come organizzazione che gode di ampio consenso popolare, fattore non molto digerito dal leader comunista. Il presidente latinoamericano ha definito la Chiesa “una mafia” che non lascia la libertà di eleggere il suo rappresentante al popolo dei fedeli. La repressione ha visto lo scorso anno l’espulsione del nunzio apostolico, monsignor Waldemar Stanislaw Sommertag e delle Missionarie della Carità, assieme alla chiusura di scuole e organismi cattolici. Nella delicata situazione diplomatica, il cardinale di Managua, Leopoldo Brenes, predica la pace nonostante che dopo oltre un secolo di rapporti con la Santa Sede, il Nicaragua unilateralmente ha dichiarato la sospensione delle relazioni diplomatiche con il Vaticano. Intanto i fedeli di Magatalpa continuano le attività con i poveri e a pregare per la vita e la libertà del loro vescovo, il pastore incarcerato nel cattolico Nicaragua.