Il primo che vuole fare chiarezza è proprio lui, Andrea Rubera. «La cosa delle unioni civili non c’entra niente con noi. Con il Papa abbiamo parlato di un problema specifico, pastorale, mio e dei nostri bambini. E la sua grandezza è stata interpretarlo nell’ottica del pastore che vuole prendersi cura dell’ascolto del bisogno di una persona». Rubera compare nel documentario “Francesco” di Evgeny Afineevsky, presentato alla Festa del cinema di Roma. È compagno di vita di Dario Di Gregorio da quando avevano 19 anni, oggi hanno superato i 50. Hanno avuto tre figli con la “gestazione per altri” in Canada.
Cinque anni fa, in occasione di un incontro a Santa Marta, dove Rubera partecipava con altre persone della parrocchia, aveva consegnato a Francesco una lettera in cui chiedeva un consiglio per un dubbio che lo stava attanagliando: «Sia io che Dario siamo cattolici, cresciuti in parrocchia, capi scout. Per noi era importante che i nostri figli potessero anche loro frequentare le attività della parrocchia, ma il dubbio era se questo desiderio non potesse celare un insidia per i bambini, arrecare loro stress e dispiacere a causa della nostra famiglia». Cosa devo fare? I tempi sono maturi? C’è spazio per l’accoglienza di tre bambini che fanno parte di una famiglia come la nostra?: queste le domande contenute nella missiva consegnata a Francesco. Dopo due giorni arriva una telefonata da un numero anonimo che Andrea rifiuta per ben due volte. Alla terza risponde: «Signor Rubera buon giorno, sono papa Francesco. Ho provato già due volte a chiamarla...». Andrea era a casa, a lavorare, seduto alla sua scrivania. Il ricordo di quel momento lo spiazza ancora oggi. «La particolarità e anche la grandezza di questo Papa sta nel fatto che la telefonata è subito andata su una cifra pastorale. Non c’è stato neanche un secondo di convenevoli». «Come posso aiutarvi?» chiede Francesco, che vuole capire in cosa consista il problema. Alla fine consiglia di andare in parrocchia e raccontare con trasparenza esattamente quello che i due genitori desideravano per i loro bambini. «Vedrete che troverete accoglienza, andrà tutto bene». Ancora oggi i piccoli seguono la catechesi del Buon Pastore. La più grande è iscritta al gruppo scout ed effettivamente non ci sono stati problemi.
Andrea spiega dunque che in quella famosa telefonata «non abbiamo parlato di politica, dottrina, morale…non era il contesto. Deduco che il Papa in quanto capo della Chiesa sia allineato con la dottrina sulla famiglia, non penso abbia modificato la sua opinione su cosa considera famiglia: ma non è quello il punto. E la citazione sulle unioni civili fa parte dell’intervista rilasciata a una giornalista messicana tre-quattro anni fa. Quindi non è successo nulla di nuovo dal punto di vista del pensiero del Papa». Portavoce di “Cammini di Speranza”, l’associazione nazionale delle persone Lgbt cristiane, Rubera ci tiene a sottolineare che l’esperienza fondamentale per lui sia stata «quella di essere considerato come persona e non come appartenente a una categoria». Se prima si faceva più fatica a trovare spazi di incontro con la comunità e spesso la pastorale Lgbt era un recinto in cui collocare quelli “diversi”, con Francesco le cose sono migliorate.
«Non ha smosso la dottrina, ma ha messo in discussione la possibilità di guardare alle persone in una modalità nuova. Nella Chiesa cattolica anche parlare di omosessualità in passato era un problema, come se ci fosse un meccanismo di negazione delle persone reali. Oggi molte persone omosessuali o Lgbt, se vogliamo usare il termine più ampio, hanno trovato uno spazio all’interno di vari cammini ecclesiali, molti gruppi sono stati accolti in parrocchia, con attività anche integrate e realizzate con la comunità, e non come contenitore separato, come se fossero un corpo estraneo. Certo c’è ancora tanto da fare, ma questa è la strada». Guardando il documentario, ciò che più ha colpito Andrea è «l’approccio, il restituire dignità da parte di questo Papa a persone dimenticate da tutti, che non sono all’ordine del giorno di nessuna agenda politica globale. Lui trova lo spazio per prendersene carico. È questa la cosa su cui si deve fondare la Chiesa. Nonostante gli attacchi di alcuni a questo pontificato, è questo il tratto enorme di questo Papa: pensare all’essere umano, chiunque esso sia, come portatore di una dignità. È sconvolgente».