Francesca Vitale fu una dei sei giudici popolari (quattro donne e due uomini) del processo che per la prima volta, grazie alle indagini del pool di cui facevano parte Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, segnò una clamorosa vittoria dello Stato sulla mafia: il primo grado si concluse con 19 ergastoli e pene per un totale di 2.665 anni di reclusione.
Lei altre due giurate, Teresa Cerniglia e Maddalena Cucchiara, sono le protagoniste di Io, una giudice popolare al Maxiprocesso, la docufiction prodotta da Stand by me e trasmessa il 3 dicembre in prima serata su Rai 1 (e poi su RaiPlay) che alterna le loro testimonianze a una parte, appunto, di fiction, in cui le loro storie sono sintetizzate in un personaggio interpretato da Donatella Finocchiaro.
In più, ci sono i racconti dei magistrati che parteciparono al processo: il presidente della corte Alfonso Giordano, il giudice a latere Piero Grasso, il pubblico ministero Giuseppe Ayala.
Quando Francesca Vitale entrò per la prima volta nell’aula bunker costruita in pochi mesi a fianco del carcere dell’Ucciardone a Palermo per ospitare il maxiprocesso a Cosa nostra, si trovò di fronte centinaia di mafiosi in gabbia. «Fu un flash spaventoso. Ricordo in particolare il boss Luciano Liggio. Indossava una tuta azzurra da meccanico. Stava con le braccia aperte, le gambe divaricate, la faccia appiccicata alle sbarre, gli occhi sbarrati e un ghigno che non lo lasciava mai. Sembrava uno scimpanzé».
Il resto dell'intervista si può leggere sul numero di Famiglia Cristiana attualmente in edicola.