di Antonio Anastasi
“In quei momenti non chiedi il passaporto”, dice Gino Murgi, sindaco di Melissa, paese sulla costa jonica crotonese divenuto simbolo dell’accoglienza per la prova di solidarietà dimostrata dalla popolazione in occasione dello sbarco di una cinquantina di profughi curdi all’alba del 10 gennaio scorso. Di fronte alle scene strazianti di mamme e bimbi in un barcone semiaffondato non c’è altro da fare che offrire giacche, giubbotti, stufe e coperte e buttarsi anche nelle acque gelide per salvare persone disperate, mentre l’Italia, l’Europa, i Governi impiegano settimane per decidere cosa fare di altrettanti disperati che per settimane restano bloccati nel Mediterraneo, come nel caso delle navi Sea Watch e Sea Eye.
Ecco la sua testimonianza. “Sono stato avvisato verso le 4,15… davanti all’hotel Miramare era in atto uno sbarco, c’erano persone che avevano bisogno di aiuto… sono scappato là, quando sono arrivato l’albergo era stato già aperto e qualcuno per loro aveva preso coperte e roba da mangiare… si stava creando una catena di solidarietà straordinariamente bella… i miei concittadini stavano offrendo i primi soccorsi e sono subito arrivate le forze dell’ordine”. “Straordinaria”, poi, la “professionalità” di due finanzieri della Sezione operativa navale della Guardia di finanza di Crotone che si sono gettati nelle acque gelide per salvare un gruppo rimasto sul veliero incagliato, tra i quali una mamma e un neonato di pochi mesi. “Grazie a loro i disperati sono riusciti ad arrivare a riva”. Ma si sono tuffati anche i cittadini, come “il mio compaesano Carmelo Palmieri”.
“Ho visto tanta umanità – racconta ancora il sindaco – forze dell’ordine, associazioni di volontariato, semplici cittadini che si sono tolti la giacca per offrirla a degli sfortunati. C’era chi andava e veniva dalla barca portando in spalla ragazzini pietrificati dal freddo”. Lui stesso è tornato a casa, resosi conto che c’era bisogno di vestiti asciutti per i più piccoli, e ha portato i pigiamini di suo figlio. “Ho un figlio anche io – dice – quando ho visto il suo pigiamino addosso a quel bambino di sei anni che si riscaldava accanto a una stufa ho pensato che poteva essere mio figlio appunto. E’ stata una scena per me travolgente dal punto di vista emotivo”.
Le persone a bordo, tra cui cinque donne e quattro bambini, a causa di una falla allo scafo stavano, infatti, finendo in mare quando hanno iniziato a urlare la loro disperazione che ha attirato l’attenzione della gente del luogo, tra i quali Raffaele Murgi, fratello del sindaco e responsabile dell’hotel, che ha offerto il suo aiuto aprendo le porte della struttura. E’ stato lui a chiamare il primo cittadino che poi ha dato l’allarme consentendo alle forze dell’ordine di intervenire in tempi record. I cittadini sono stati utili agli inquirenti anche perché hanno consentito l’arresto, da parte dei carabinieri, di due scafisti russi (hanno già patteggiato tre anni di reclusione ciascuno davanti al Tribunale penale di Crotone) che erano andati a dormire in un altro albergo là vicino.
Poi la consueta procedura, che prevede l’accompagnamento al Centro d’accoglienza S. Anna di Isola Capo Rizzuto, dove i migranti sono stati portati con gli autobus della Misericordia e della Croce rossa, i cui operatori sono stati impegnatissimi anche nella prima assistenza. “E’ stata una pagina drammatica e al tempo stesso bella per l’umanità dimostrata da cittadini, forze dell’ordine, volontari – dice ancora il sindaco - Sono orgoglioso della mia comunità”. E intanto incassa elogi, anche da parte dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati.