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domenica 09 febbraio 2025
 
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Padre Paolo Dall’Oglio, la memoria che non finisce

04/02/2025  La testimonianza del religioso scomparso in Siria rivive attraverso un docufilm e un ciclo di incontri sul dialogo interreligioso. A Monza, il primo appuntamento per riflettere sulla sua eredità: «Non un’apoteosi, ma un modello di mediazione e pace per tutti».

Quella Porta Santa aperta dentro al carcere di Rebibbia fa rumore: papa Francesco simbolicamente apre la porta al cuore, alla speranza e alla comprensione dove è difficile trovarle.

Tre concetti cardine che sono stati la benzina con cui padre Paolo Dall’Oglio, rapito a Raqqa nel 2013 e mai più ritrovato, ha messo in moto la prolifica macchina del dialogo interreligioso, sua grande “battaglia” di civiltà.

Il docufilm sulla vita straordinaria del gesuita romano, andato in onda sulla Rai lo scorso novembre e ancora visibile su RaiPlay, ha dato il via a forum di discussione itineranti in tutta Italia: il primo in Lombardia si terrà a Monza, il 15 febbraio, alle ore 21, all’oratorio della parrocchia San Biagio, per riflettere, dopo la sua proiezione, sulle interconnessioni fra mediazione, educazione alla relazione e dialogo interreligioso.

Monsignor Umberto Oltolini, responsabile della Comunità pastorale Ascensione del Signore di Monza, dà un forte segnale di chiesa che incontra e dialoga con la sua comunità su temi urgenti e radicali, ma al tempo stesso sfidanti sul valore profondo della mediazione.

Nel prestigioso parterre dei relatori, la saggista Maria Martello, autrice del libro “Il senso della mediazione dei conflitti. Tra diritto, filosofia e teologia” (Giappichelli), che trent’anni fa ha ideato il modello di mediazione filosofico-umanistico, il regista Fabio Segatori e Immacolata “Machi” Dall’Oglio, una delle sorelle di padre Paolo.

Un evento pensato non come caso isolato, ma prodromico di un percorso di approfondimento formativo che si inserisce nell’anno santo appena inaugurato e che si snoderà in tre incontri parrocchiali sul tema mediazione e giustizia.

Cosa resterà dei valori su cui padre Paolo Dall’Oglio nei primissimi anni ’90 ha fondato la comunità monastica Deir Mar Musa? <<Sembra chiaro dal documentario che la sua vita sia stata molto fruttuosa, che abbia seminato grandi principi, i quali possono continuare ad avere oggi la stessa potenza >>, commenta Maria Martello. <<Noi non siamo qui per farne l’apoteosi, o per rendere onore a una vita ben spesa, ma vogliamo entrare nel merito dei valori che lui ci ha testimoniato e che sono alla portata di tutti noi. Non è necessario andare in luoghi così estremi come il deserto siriano: già la realtà della nostra vita relazionale ci offre mille occasioni per poter applicare i principi del dialogo, del confronto, del rispetto dell’altro anche quando ci è nemico. Tutto questo richiede una conversione importante del nostro cuore, che sarebbe la chiave di volta per risolvere i problemi dei conflitti nella nostra quotidianità. Rilanciamo padre Paolo, da mito a modello. Anche lui ne sarebbe contento, perché vedrebbe che le sue scelte continuano a convertire altre persone, ad avere altri figli e proprie gambe su cui camminare. La santità dovrebbe essere l’obiettivo di ciascuno di noi, la fatica del vivere quotidiano di ogni cattolico>>.

Mediare è responsabilità di tutti? Monsignor Umberto Oltolini richiama all’attenzione la figura del cardinal Martini, mediatore di fede e umanità, che ha levato frequentemente la voce contro ogni conflitto. Come non ricordare la sua omelia nella veglia per la pace organizzata dai giovani di A.C. in occasione della Guerra del Golfo, dove il cardinale ha riflettuto sul significato profondo della parola “intercedere”: << …In proposito troviamo nella Bibbia una pagina illuminante. Nel momento in cui Giobbe si trova, quasi disperato, davanti a Dio che gli appare come un avversario, con cui non riesce a riconciliarsi, grida: “Chi è dunque colui che si metterà tra il mio giudice e me? chi poserà la sua mano sulla sua spalla e sulla mia?” (cf Gb 9,33-39, vers. spec.). Non dunque qualcuno da lontano, che esorta alla pace o a pregare genericamente per la pace, bensì qualcuno che si metta in mezzo, che entri nel cuore della situazione, che stenda le braccia a destra e a sinistra per unire e pacificare. È il gesto di Gesù Cristo sulla croce…>>.

<<L’esperienza di padre Dall’Oglio va in questa direzione>>, commenta monsignor Oltolini. <<Metteremo in campo una serie di iniziative partendo dalla testimonianza di una vita così significativa come la sua. Lui è l’uomo dell’ascolto e del dialogo, l’uomo della pace, che possiamo oggi dire si è “messo di mezzo” con tutto se stesso per l’incontro tra le due confessioni. Anche l’immagine del deserto come luogo di essenzialità, metafora di ciò che veramente conta nella vita, è potente. Penso che solo attraverso il silenzio si possa esprimere una parola di riconciliazione, di pace. Vorrei ricordare anche il discorso “Noi e l’Islam” del cardinal Martini, in occasione della festa di Sant’Ambrogio del 1990, una riflessione sulla compresenza di gente che arriva da altre parti del mondo, con una cultura e un credo religioso diversi, ma con i quali siamo chiamati a entrare in relazione. L’anno scorso come comunità pastorale anche noi abbiamo vissuto un’esperienza molto importante: abbiamo accettato la richiesta della comunità islamica di essere ospitata nei nostri ambienti per pregare come comunità islamica e festeggiare la fine del Ramadan>>.

C’è anche chi padre Dall’Oglio lo ha conosciuto. <<Ero in un gruppo con Sabino Chialà, oggi priore della comunità monastica di Bose, proprio a Mar Musa, in Siria, prima che la situazione precipitasse>>, racconta Sergio Cavasassi, membro del consiglio pastorale. <<Padre Dall’Oglio valutava l’incontro con Dio da parte dei musulmani non come se si trattasse di un Dio minore. Cercava di trovare vie di incontro non nella prevaricazione, ma nel reciproco rispetto, nella convinzione che siamo tutti figli dello stesso Creatore>>.

La mediazione da ancella povera e deflattiva del processo diventa – finalmente! - principessa.

 

 

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