Nessuno saprà mai con certezza quanti rosari completi (all’epoca di 15 poste) recitasse al giorno padre Pio. Una serie di testimonianze ci orienta sul numero di 33. L’unica certezza è che non lasciava mai la corona, neppure quando doveva lavarsi le mani, mettendole nell’acqua una per volta.
Un giovane confratello, che non riusciva a comprendere il senso dell’incessante ripetere di preghiere in formule sempre uguali, rivelò di essere da lui ammonito con parole illuminanti: «Tu, che consideri il rosario come una preghiera adatta solo per le vecchiette, prendi questa corona e considerala, proprio per la sua apparente, straordinaria inutilità, come uno “strumentuccio” per spalancare le porte del Cielo».
A un altro frate che gli chiese: «Padre, ma perché recitate sempre il rosario e non altre preghiere?», il cappuccino rispose: «Perché la Madonna non mi ha mai rifiutato una grazia chiesta attraverso la recita del rosario», mentre a una sua figlia spirituale la raccomandò come strumento privilegiato per difendersi dagli attacchi del diavolo. «Stiamo attenti», le disse, «teniamo sempre l’arma in mano e vigiliamo, perché il nemico non dorme, fuggiamo anche l’ombra del peccato».
Un giorno padre Guglielmo Alimonti, attualmente coordinatore dei Gruppi di preghiera dell’Abruzzo, sperando di far piacere al suo venerato confratello, gli raccontò: «Padre, ieri ho recitato 30 rosari interi ». Sperava di ricevere un complimento o una parola di approvazione. La risposta di padre Pio lo lasciò di stucco: «Così pochi?».