«Siamo “terroristi” quando buttiamo “le bombe” del pettegolezzo, della calunnia e dell’invidia». Un monito forte e senza mezzi termini, che nasce da un amore profondo. «Non sparlare degli altri non è solo un atto morale, ma un gesto umano perché quando “sparliamo” sporchiamo l’immagine di Dio che c’è in ogni uomo». Così scrive papa Francesco nella prefazione al libro Non sparlare degli altri (Effatà Editrice) di fra' Emiliano Antenucci, sacerdote dell’ordine dei Frati Cappuccini e rettore, ad Avezzano (L’Aquila), del santuario della Vergine del Silenzio. Il testo (in uscita a metà gennaio) si inserisce in un intenso dialogo di amicizia tra il religioso francescano e il Santo Padre. E non a caso, il titolo riprende un tema molto presente nel pontificato di Bergoglio.
«E’ importante l’uso giusto delle parole» scrive ancora il Pontefice nella prefazione «Le parole possono essere baci, carezze, farmaci, oppure coltelli, spade, proiettili. Con la parola possiamo bene-dire o male-dire, le parole possono essere muri chiusi o finestre aperte». Ed è proprio su tutto questo che il libro di padre Antenucci vuole farci riflettere. «Lo definirei un libro motivazionale» spiega il sacerdote. «Sì, perché non basta fare la diagnosi. Poi bisogna anche proporre delle soluzioni, trovare una strada che ci aiuti a usare bene il tempo e tenerci lontani dalla maldicenza, velenosa per noi e per gli altri. Serve concretezza. Un possibile sottotitolo per il libro? Dàmose da fa’! (diamoci da fare, ndr)».
Facebook, Twitter, Instagram, chat su WhatsApp e su altri innumerevoli strumenti social. Oggi il “pettegolezzo digitale”, con i suoi continui commenti su ciò che gli altri fanno o pensano, si somma all’antico chiacchiericcio da capannello. Non solo, «siamo immersi in un sistema che ci bombarda di negatività, quando invece avremmo bisogno di respirare bellezza» osserva padre Antenucci. Eppure un farmaco ci sarebbe. Si chiama silenzio. Il religioso cappuccino lavora da tempo per riscoprirne il valore, proponendo spazi di preghiera e di ascolto (tra cui, appunto, i “corsi del silenzio”). Ma se il silenzio ci fa bene, perché cerchiamo in tutti i modi di evitarlo? «Perché ne abbiamo paura. Perché ci costringe a rientrare in noi stessi, a fare i conti con peccati e fragilità. Però, per noi cristiani, il silenzio non è un vuoto, ma un dono. E’ lo spazio in cui possiamo ricevere la notizia di Dio, è il grembo in cui accogliere la Parola».
Iniziato nel 2009 durante un intenso momento di preghiera (per l’Abruzzo erano i mesi tremendi del post-terremoto), questo prezioso cammino sulle orme del silenzio ha dato, tra i suoi frutti, anche l’amicizia del Santo Padre. Dopo una serie di incontri, infatti, Francesco, nel 2016, ha espressamente chiesto che venisse consacrato un nuovo santuario, dedicato alla Madonna del Silenzio. Dal 13 maggio scorso, padre Antenucci ne è il rettore. In questo dialogo spirituale si inserisce anche la prefazione al libro. «Incontrando il Papa ho capito il significato della parola empatia» racconta il frate cappuccino. «E’ una persona che ti guarda negli occhi, ti entra dentro, ti rimane nel cuore con le sue frasi semplici. “Vuoi un caffè?” “Come stai?” “Ti voglio bene”. E’ lo ‘scandalo della normalità’».
A proposito, per tornare al titolo del libro, «Non sparlare degli altri significa anche non sparlare del Papa. Come cattolici, siamo chiamati ad amarlo e a considerarlo un dono. Invece in tanti lo attaccano, magari manipolando ad arte le sue parole». La maldicenza (che, a differenza della critica, non è mai costruttiva) è un’erba infestante che cerca di mettere radici in tutte le comunità umane. Chiesa compresa, come il libro fa notare con grande lucidità.