Nel giorno in cui si celebra il Giubileo delle missioni e dei migranti, papa Leone XIV, il papa missionario, ragiona nell’omelia di come si declina la missione in questo momento storico: «Se per lungo tempo alla missione abbiamo associato il partire, l'andare verso terre lontane che non avevano conosciuto il Vangelo o versavano in situazioni di povertà, oggi le frontiere della missione non sono più quelle geografiche perché la povertà la sofferenza e il desiderio di una speranza più grande sono loro a venire verso di noi, ce lo testimonia la storia di tanti nostri fratelli migranti, la violenza, la sofferenza che li accompagna, la paura di non farcela, il rischio di pericolose traversate lungo le coste del mare, il loro grido di dolore e di disperazione. Fratelli e sorelle quelle barche che sperano di avvistare un porto sicuro in cui fermarsi e quegli occhi carichi di angoscia e speranza che cercano una terra ferma in cui approdare, non possono e non devono trovare la fraddezza dell'indifferenza o lo stigma della discriminazione. Non si tratta tanto di partire quanto, invece, di restare per annunciare il Cristo attraverso l’accoglienza, la compassione e la solidarietà».
Si tratta dice Leone di «restare senza rifugiarci nella comodità del nostro individualismo; restare per guardare in faccia coloro che arrivano da terre lontane e martoriate; restare per aprire loro le braccia e il cuore; accoglierli come fratelli; essere per loro una presenza di consolazione e di speranza».
«Sono tante le missionarie i missionari», continua il Papa, «ma anche i credenti e le persone di buona volontà che lavorano al servizio dei migranti e per promuovere una nuova cultura della fraternità sul tema della migrazione oltre gli stereotipi e i pregiudizi, ma questo prezioso servizio interpella ciascuno di noi nel piccolo delle proprie possibilità: questo è il tempo, come affermava papa Francesco, (ed la terza citazione di un predecessore, prima erano stati Benedetto XVI e Paolo VI ndr)».
«Vi chiedo di promuovere una rinnovata cooperazione missionaria tra le chiese nelle comunità di antica tradizione cristiana come quelle occidentali: la presenza di tanti fratelli e sorelle del sud del mondo deve essere colta come una opportunità per uno scambio che rinnovi il volto della Chiesa e suscita un cristianesimo più più vivo e più dinamico. Allo stesso tempo ogni missionario che parte per altre terre è chiamato ad abitare le culture che incontra con sacro rispetto indirizzando a bene tutto ciò che trovo di buono e di nobile e portandovi la profezia del Vangelo. Vorrei poi ricordare la bellezza e l'importanza delle vocazioni missionarie, mi rivolgo in particolare alla Chiesa europea oggi c'è bisogno di un nuovo slancio missionario di laici religiosi e presbiteri (…) Ai migranti invece dico: siate sempre i benvenuti, i mari e i deserti che avete attraversato, nella scrittura sono luoghi della salvezza in cui Dio si è fatto presente per salvare il suo popolo vi auguro di trovare questo volto di Dio nelle missionari e nelle missionari che incontrerete».