Cristiani perseguitati? “Il papa non smette di denunciare, ma la risposta non può essere quella della violenza”. Sul dramma dei naufragi e sull’accoglienza dei migranti: “Non si può essere un buon cristiano e dire no all’accoglienza; e spiace che questo atteggiamento di chiusura sia proprio in Veneto, mia terra natale”. Sugli stermini degli armeni di un secolo fa, “il Papa ha usato solo parole di conciliazione”. Rispetto ai rapporti con la Cina “non ci sono purtroppo novità”. Mentre in merito alle recenti minacce di attentati al Vaticano, “Il papa è tranquillo”.
Il segretario di Stato vaticano, cardinal Pietro Parolin, nella conferenza stampa seguita alla sua lectio magistralis per celebrare i dieci anni della Facoltà Teologica del Triveneto a Padova, è intervenuto, rispondendo alle domande dei giornalisti, su tutte le questioni calde che interessano la diplomazia vaticana e alcuni dei grandi temi internazionali che toccano la vita della Chiesa. Ecco le sue dichiarazioni:
Sui cristiani perseguitati
“La Chiesa non sta a guardare. Che tipo di intervento ci si aspetta dalla Chiesa? Il Papa non manca di denunciare quanto sta succedendo in ogni occasione. Lo fa con toni molto forti e accorati e poi c'è tutta l'attività sul posto, attraverso i nostri nunzi apostolici. Si può sempre fare di più ma bisogna farlo nel senso giusto: come rispondere? Con la forza e con la violenza? Capisco che sia facile dirlo da qui, ma la forza del Vangelo è sempre stata quella di non rispondere con la violenza. A livello di comunità internazionale si sta lavorando perché possa essere assicurato ai cristiani allontanati dalle loro case un ritorno in sicurezza, si sta lavorando a diversi livelli”.
Sul genocidio armeno del 1915 e le risposte polemiche del governo turco alle recenti parole del papa.
“Se il papa ha ricordato questi avvenimenti non lo ha fatto per suscitare più animosità, ma per invitare tutte le parti, attraverso i mezzi considerati più opportuni, ad avvicinarsi, a dare un'interpretazione comune della storia, a trovare motivi di intesa. È positiva la disponibilità a studiare la storia”.
Sul progetto di una viaggio papale a Cuba dopo il riavvicinamento tra Usa e Cuba.
“La decisone del Santo Padre di andare a Cuba nell'ambito del viaggio già programmato negli Usa è in relazione con quanto è avvenuto in questi mesi, l'avvicinamento tra i due Paesi dopo tanto tempo di incomprensione, conflitto e freddezza. Durante l’incontro di Panama, ho notato anch'io un clima nuovo rappresentato anche dal modo con cui i due presidenti si sono incontrati e si sono parlati. Evidentemente è un processo appena iniziato, che ha le sue fragilità, perché dopo tanto tempo di incomunicabilità e incomprensione non è facile creare un clima di fiducia reciproca, che è la base di qualsiasi passo avanti di tipo diplomatico. Credo che la visita di Papa Francesco sarà nel senso di incoraggiare questo processo. Non si deve aver paura: ogni incontro comporta un certo cambiamento; bisogna andare avanti fiduciosi. La Santa Sede ha avuto un ruolo soprattutto di appoggio e di facilitazione, che però ha dato risultati importanti».
Sui difficili rapporti tra la Santa Sede e la Cina
«Sulla Cina mi spiace dire che non ci sono grandi novità. Mi piacerebbe che ci fossero, vorrei poterle annunciare, ma purtroppo non ci sono. Ci sono state da parte del Papa rinnovate espressioni di apprezzamento e di stima nei confronti del popolo cinese, di offerta di dialogo e disponibilità a recarsi in Cina e incontrare il presidente cinese nel contesto giudicato più adeguato e fruttuoso. Noi speriamo che queste manifestazioni possano creare il clima adatto per riprendere un dialogo sostanziale che possa portare alla soluzione delle difficoltà che esistono attualmente tra Cina e Santa Sede».
Sui recenti rifiuti all’accoglienza dichiarati da alcune amministrazioni comunali in Veneto
“Si può essere cattolici e dire di no all'accoglienza? La risposta ovvia è no. Non si può essere un buon cristiano se c'è una chiusura totale. L'amore a Dio e l'amore al prossimo sono il vertice della vita di fede e amore significa accoglienza per tutti. Mi dispiace che ci sia questo atteggiamento di chiusura che può diventare addirittura di disprezzo e di intolleranza nei confronti degli altri. E che succeda nella regione in cui sono nato e con la quale conservo un rapporto di amore. I veneti si sono sempre distinti per la laboriosita e il loro contributo dato alla societa dove sono andati ma anche gran parte dei migranti e' animata dagli stessi sentimenti. Certo c'e' la questione della delinquenza e della criminalita' ma e' importante l' atteggiamento di fondo che deve emergere come ricordo della storia e della solidarieta' che ha sempre caratterizzato lo spirito veneto. Bisogna insistere sui temi dell’accoglienza e del dialogo, facendo leva anche sulla nostra storia: siamo stati popolo di migranti. Di fronte a questi fenomeni invece c’è ancora tanta paura, e la paura è sempre cattiva consigliera. Ma Gesù è venuto a liberarci dalla paura”.
Su paventati attentati terroristici in Vaticano
«Il timore più grande, se dovesse accadere qualcosa, è che possano venire coinvolte persone innocenti. Non mi sembra di percepire, comunque, in Vaticano una preoccupazione esagerata. Certo bisogna stare attenti. Anche senza parlare di complotti o di piani, ci può essere qualcuno che pensa qualcosa di questo genere. Dunque anche dal punto di vista della sicurezza, le strutture apposte sono attente. Però non mi pare che ci sia assolutamente allarme. Siamo esposti come tutti a questa realtà che purtroppo minaccia, siamo tutti esposti, abbiamo tutti paura. Il Papa è molto tranquillo, vedete anche come incontra le persone, si muove anche con molta libertà, questo dimostra che affronta queste situazioni con grande lucidità e con grande serenità».