Diversi eppure uguali. Stati Uniti e Russia attaccano l’Europa, in modo subdolo, con le interferenze sull’opinione pubblica dell’Unione, ma anche pubblicamente, come non si cura di nascondere il documento sulle Strategie di sicurezza nazionale dell’amministrazione Trump che parla esplicitamente di incoraggiare il declino dell’Ue. Vittorio Emanuele Parsi, professore di Diritto internazionale alla Cattolica di Milano e fondatore della Società per lo studio della democrazia (Ssd) spiega perché Usa e Russia vogliono un’Europa debole se non inesistente.

«Pur diversi condividono una visione simile», dice Parsi. «Per Trump il punto è eliminare un competitor commerciale, la sua forza. Che è una forza reattiva come abbiamo visto con la trattativa sui dazi, e assecondare quelle forze della destra conservatrice europea che sono sovraniste e anti Unione. C’è la coincidenza con la visione di Vance e di questo mondo della destra reazionaria americana. Dall’altra parte la Russia ha sul continente europeo un progetto egemonico incompatibile e alternativo del progetto egemonico dell’Unione europea. Il nostro progetto egemonico è stato l’espansione oltre i nostri confini del ruolo delle leggi, delle istituzioni, il rifiuto della forza, come dice anche la Costituzione italiana, come strumento di politica internazionale per dirimere le controversie, perché è quello che applichiamo dentro il nostro spazio politico europeo. E volevamo e tuttora intendiamo che il continente europeo anche oltre i nostri confini sia governato in questo modo: dalla civilizzazione del diritto, da 80 anni di storia postbellica. La Russia ha un progetto in cui applica fuori dai suoi confini il modello che applica dentro. Quindi la violenza e l'uso della forza e con questo intende chiaramente eliminare l'Unione che è l'ostacolo che ha di fronte per proseguire questo progetto egemonico. Poi sia Trump che Putin fanno quello che fanno esattamente tutti gli autocrati: abusano della loro posizione di potere».

È un attacco anche alla democrazia?

«Non c'è dubbio. Il sistema russo è un sistema autoritario e corrotto nell'indole, come sono tutti i sistemi autoritari. Ha attaccato l'Ucraina perché è l'esempio di una grande popolazione, di un grande Paese slavo, ex sovietico che trova la strada della democrazia, del mercato, dell'avvicinamento ai valori liberali e socialdemocratici dell'Occidente. Per Putin era intollerabile per Putin, perché era la dimostrazione che si può uscire dalla situazione di prostrazione in cui era tutta l'ex Unione Sovietica dopo l'89. E se ne può uscire non con un dittatore, ma attraverso il difficile percorso della democrazia, con le sue contraddizioni, con i suoi errori, con i suoi difetti. Ma anche Trump, quando ci chiediamo come mai l'America ha cambiato così radicalmente la sua posizione nei nostri confronti, vuole cambiare la natura del sistema politico americano. Sta cercando di trasformarlo in un sistema in cui al potere dell'uomo solo al comando non siano posti limiti all'interno e neppure all’esterno. E L’Europa è per lui un limite. Quindi c'è la tragica conferma incrociata che la natura del regime politico domestico definisce la visione della politica internazionale che si ha.

I sovranisti europei sono i grandi alleati di Usa e Russia?

«In questo progetto sia i sovranisti europei, che i nostalgici del comunismo, quindi i due estremi che, come al solito, finiscono per toccarsi, sono alleati di questa visione. Sono i qualunquisti, cioè quella massa di rappresentanti politici, di media e in parte di opinione pubblica qualunquista, che è l'eterno male dell'Italia. Il qualunquismo ha assunto le vesti, in questi ultimi 20 anni in Italia, del populismo e del sovranismo, che sono varianti dello stesso male. Sono quelli che, come dice l'ultimo rapporto Censis, si rifugiano nella pornografia e nel mito dell'uomo forte».

Il documento statunitense parla esplicitamente di declino dell'Europa come profezia ma anche come obiettivo. Ci sono degli anticorpi in Europa e se si quali per contrastare questa visione?

«Intanto il documento statunitense è di una pochezza intellettuale, di una stortura d'analisi e di un'oscenità di linguaggio che fa dimenticare che sia stato emesso da quella che era la grande burocrazia di un'importante democrazia ultra plurisecolare. Sembrano deliri scritti dai servi sciocchi di Putin o dagli amici e cugini di Orban. Detto ciò, il contrasto si gioca sul chi siamo noi. I tedeschi hanno subito risposto: “Non accettiamo lezioni dall'esterno”. Perché noi siamo gli europei, abbiamo alle spalle una lunga storia, un lungo percorso di costruzione di istituzioni. Certo, è stato un percorso reso possibile dalla lunga leadership americana, ma che oggi è possibile anche al di fuori di questa leadership, perché abbiamo costruito istituzioni che all'inizio degli anni 50 e alla fine degli anni 40 non c'erano. Oggi noi abbiamo delle istituzioni, abbiamo una lunga storia comune. Si tratta di credere in queste istituzioni e in questa storia cercando di correggere le cose anacronistiche. Bisogna aggiornare queste istituzioni, ma mantenere sempre quella che è la nostra cultura, la nostra identità, che è un'identità fatta su tre pilastri».

Quali sono questi pilastri?

«Sono il libero mercato competitivo, la democrazia rappresentativa e la società aperta. Questo ha generato la società europea nel secondo dopoguerra. Ripeto l’Europa è partita grazie a un fondamentale sostegno americano alla protezione dei nostri confini. Oggi abbiamo lavorato tanto per costruire, dentro questa protezione, tutta l'infrastruttura delle nostre istituzioni, per costruire la nostra cultura ormai pluridecennale di esperienza di vita comune, Oggi che viene meno questa rete di protezione dobbiamo darcela noi. Ecco perché è necessario avere capacità di difesa adesso, non tra cinquant'anni. È cambiato il mondo intorno a noi. Abbiamo un Putin autoritario che da quattro anni usa la violenza nei confronti di una democrazia sorella, e da quattro anni minaccia la nostra sicurezza a parole e nei fatti. Ed è venuta meno la protezione americana, gli Stati Uniti si sono riposizionati. Allora di fronte a questo bisogna prenderne atto e capire che l'Europa resta una potenza civile, sia nel senso che si comporta in maniera civile sia nel senso che ritiene che la forza militare debba essere usata esclusivamente per la deterrenza e per la difesa».

Quali sono i confini di questa difesa?

«La difesa, in un mondo come il nostro, la difesa non si può fermare ai confini fisici, bisogna spiegarlo. personaggi folkloristici alla Salvini o alla Conte. La difesa è la protezione di tutto quello spazio che consente alle istituzioni europee, quindi ai popoli europei, di continuare a scegliere il loro futuro liberamente, senza farsi asservire da vecchi e nuovi padroni. Il nostro destino, soprattutto il destino dei nostri figli, non può essere quello della scelta tra la servitù americana e la servitù russa, non può essere quello della scelta obbligata tra la schiavitù e la guerra. Dobbiamo svegliarci. Sarà costoso, sarà rischioso farlo, ma sono tempi rischiosi e costosi. Sono tempi in cui bisogna essere ambiziosi, non perché siamo arroganti, ma perché in tempi così difficili, persino l'obiettivo di sopravvivere è un obiettivo che richiede estrema ambizione, altrimenti non ci sarà dato raggiungerlo».