Cari amici lettori, con la solennità di Pentecoste, da diversi anni ormai, è uso che movimenti ecclesiali, associazioni e nuove comunità si incontrino con il Papa in piazza San Pietro.
Pentecoste significa effusione dei doni e dei carismi che vengono dallo Spirito e che “animano” interiormente la vita della Chiesa.
Movimenti, associazioni e nuove comunità rientrano in queste realtà suscitate dallo Spirito per il bene della Chiesa: Focolarini, Rinnovamento nello Spirito, Comunione e Liberazione, Sant’Egidio, il Cammino neocatecumenale, Nuovi Orizzonti, solo per citarne alcuni.
Gli anni Ottanta e Novanta hanno visto un tempo di vera esplosione e affermazione dei movimenti, grazie anche all’impulso dato ad essi da Giovanni Paolo II. Accanto alle associazioni tradizionali del laicato cattolico (come Azione cattolica, Acli e scoutismo, ad esempio) hanno rappresentato un momento di grande risveglio.
E, a guardare bene, hanno contribuito a formare generazioni di laici alla vita cristiana e a diverse forme di impegno, risvegliando la passione per Cristo e il Vangelo, dando vita a nuove e capillari forme di impegno cristiano, dall’evangelizzazione all’attenzione a varie forme di povertà.
Con la scomparsa dei fondatori, i movimenti sono passati anche per una fase di assestamento e di purificazione interna, soprattutto dopo il Duemila. Un assestamento dovuto al passaggio di testimone ai primi successori e alla riforma delle regole di “governo” di queste realtà, talvolta gestite in modo eccessivamente carismatico e verticistico.
Si sono dovute trovare nuove vie, passando dall’entusiasmo tipico degli inizi a un più saggio realismo. Molti hanno vissuto (e alcuni vivono ancora) una fase di revisione degli statuti e dei metodi di governo, in un “travaglio” che non può che essere benefico perché significa crescita e maturazione. Una “potatura” evangelica, perché la pianta possa portare sempre più frutti.
Guardando a ritroso, quella esplosione dei movimenti ha portato con sé una nuova stagione di presenza e protagonismo laicale, perché tale è la loro natura: sono fatti di laici, spesso anche nei vertici.
È anche questo un frutto del Vaticano II, che vede i laici non come esecutori passivi al servizio della gerarchia ma come soggetti dotati di una propria autonomia e responsabilità.
E se è vero che oggi sia l’associazionismo tradizionale che i movimenti non hanno più (forse) la forza propulsiva di 30 anni fa, il laicato cattolico è ancora vitale e si è sviluppato, dando vita a nuove esperienze, magari più diffuse e meno strutturate, ma significative.
Ce ne siamo accorti all’Assemblea sinodale della Chiesa italiana di aprile, quando la maggioranza – fatta di laici – ha bocciato il documento finale ritenuto inadeguato e povero rispetto a quanto emerso nei lunghi confronti che avevano preceduto l’Assemblea.
Un piccolo segno che la lezione di papa Francesco sulla sinodalità è stata in qualche misura assorbita e ha dato i suoi frutti.
E, se vogliamo, anche un simbolo del fatto che lo Spirito soffia silenziosamente, opera spesso sotto traccia, provocando inattesi scossoni di cui beneficia tutta la comunità ecclesiale.
(foto in alto: ANSA)