Le mafie «hanno fiutato subito l’affare». Lo scrive nero su bianco il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri che, con Antonio Nicaso, ha appena dato alle stampe Ossigeno illegale, come le mafie approfitteranno dell’emergenza Covid-19 per radicarsi nel territorio italiano (Mondadori). Ma se gli interessi sono ovunque, in Calabria la presenza è ancora più pervasiva.
Procuratore, lei ha appena aperto un’inchiesta sulla gestione dell’emergenza Covid in questa regione. Cosa sta emergendo?
«Stiamo indagando. Non posso entrare nel merito delle indagini, posso comunque dirle che il Covid-19 finora si sta rivelando una ghiotta occasione per le mafie, non solo in Calabria, ma anche in tante altre parti del mondo».
L’allarme era stato lanciato. Perché non si è intervenuti prima?
«Le mafie si muovono con più velocità sui territori in cui operano. Non devono fare i conti con la burocrazia o le varie divergenze politiche sulle strategie di fondo. Arrivano prima, hanno soldi da investire e, da sempre, cercano di ottenere consenso sociale, riconoscimento, legittimità. La storia delle mafie comincia proprio con il riconoscimento sociale, di cui hanno sempre goduto. Da fenomeni di controllo sociale, nel tempo, si sono trasformate in agenzie di servizi legali e illegali».
Si può sottrarre la sanità dalle mani di ’ndrangheta e massoneria deviata?
«È difficile, la sanità rappresenta quasi il 70% del bilancio a disposizione delle Regioni. Chi gestisce la sanità, spesso lo fa con logiche clientelari. Le logge deviate della massoneria e la ’ndrangheta traggono molti vantaggi proprio dal clientelismo, dall’idea di tenere sotto scacco interi territori, perennemente sogsoggetti al condizionamento, in uno stato di perenne necessità. Chi chiede, si espone. E chi ottiene, prima o poi deve sdebitarsi».
Il lunghissimo commissariamento non ha sanato le cose. Sono mancati i controlli? Ci si può non accorgere che i farmaci oncologici acquistati a prezzi scontati dalle aziende farmaceutiche finivano rivenduti a prezzi gonfiati in Inghilterra invece che essere utilizzati sul territorio? E che dire dei doppi e tripli pagamenti per le stesse fatture?
«I commissari devono avere poteri speciali, ma soprattutto non dovrebbero scegliersi i collaboratori nelle Asp locali, come attualmente sono costretti a fare. Devono poter disporre di collaboratori al di sopra di ogni possibile condizionamento territoriale. Mi viene da dire che bisognerebbe ripartire dai banchi di scuola, per fare comprendere che quello che non è nostro, ma è di tutti, non è di nessuno. Bisognerebbe riscoprire l’amore per il prossimo, la voglia di fare del bene per isolare chi da sempre lucra sulle sofferenze altrui. Mafia e corruzione, purtroppo, sono due facce della stessa medaglia».
Il decreto Calabria parla di un commissario con 25 consulenti delle Asl calabresi. La convince?
«La Calabria vive da oltre dieci anni una lunga, colpevole e preoccupante emergenza. Bisogna mettere mano alla situazione, senza farsi condizionare da certi politici sciatti che perseguono un consenso ai limiti della spregiudicatezza e da faccendieri che non hanno assolutamente a cuore il benessere dei cittadini».
C’è chi dice che bisognerebbe avere leggi speciali e militarizzazione, almeno della parte amministrativa. Può essere una soluzione?
«Non saprei. Non amo la militarizzazione dei territori. Mi piacciono le soluzioni di buon senso. Ma una cosa è certa: i calabresi non possono continuare a essere penalizzati da ritardi e omissioni. Se la Calabria è finita in zona rossa non è per il numero di contagi, ma perché non sono stati aggiunti posti letto ai reparti di terapia intensiva. Si è perso tempo prezioso, ora bisogna fare in fretta».
Operazione Farmabusiness e arresto del presidente della Giunta regionale. Tallini è stato il più votato nel collegio di Catanzaro pur essendo, secondo il codice etico della Commissione antimafia, incandidabile. I calabresi non hanno alternative?
«I calabresi hanno molte alternative. Ma scontano anche i ritardi di una politica che non ha alcuna intenzione di ridurre il gap tra Nord e Sud, che a oltre 150 anni non ha ancora unito l’Italia, in termini di servizi, di prospettive, costringendo molti giovani a emigrare. Prima ancora di combattere le mafie, bisognerebbe affrancare la gente dalla paura, ma soprattutto dal bisogno».