Sopra: papa Francesco, oggi 85 anni, libera una biuanca colomba a Istanbul, in Turchia, il 29 novembre 2014. Foto Reuters. Sopra: la presentazione del Messaggio per la pace in Vaticano nei giorni scorsi. Foto Osservatore Romano/Vatican Media. In copertina: papa Francesco tra le rovine di Mosul il 7 marzo 2021. Foto Reuters.
Tre sfide, dialogo tra le generazioni, educazione e lavoro, rese ancora più complesse dalla pandemia. Il messaggio di papa Francesco per la 55 esima giornata mondiale della pace, che si celebra, per volontà di Paolo VI, il primo gennaio di ogni anno, parte da una frase di Isaia: «Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace». Si tratta di un «sospiro di sollievo di un popolo esiliato, sfinito dalle violenze, e dai soprusi, esposto all’indegnità e alla morte». Un sollievo che, ancora oggi, stenta ad arrivare in un mondo dove si amplifica, invece, «l’assordante rumore di guerre e conflitti, mentre avanzano malattie di proporzioni pandemiche, peggiorano gli effetti del cambiamento climatico e del degrado ambientale, si aggrava il dramma della fame e della sete e continua a dominare un modello economico basato sull’individualismo più che sulla condivisione solidale».
Di fronte a questo quadro, secondo papa Francesco, c’è bisogno, per costruire una pace duratura, di un dialogo tra le generazioni che possa avviare progetti condivisi. C’è bisogno di una educazione alla libertà, alla responsabilità, allo sviluppo. C’è bisogno di un lavoro he dia piena realizzazione alla dignità umana. Lo sguardo è soprattutto ai giovani, a quelli dell’economy of Francesco, come ha sottolineato, presentando il messaggio, suor Alessandra Smerilli, Segretario ad interim del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. «I giovani, che sono i primi protagonisti di questo messaggio, sanno ormai molto bene di trovarsi dentro questo conflitto tra noi e la terra. Non lo hanno chiesto, non lo vorrebbero, ma sanno di star lottando per salvare il pianeta, e noi stessi esseri umani, da questo assurdo conflitto che il nostro Sistema economico ha dichiarato all’ambiente naturale. E il Papa è con loro», ha detto.
Per raggiungere la pace, aveva introdotto il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, bisogna innanznitutto ricordare, secondo l'insegnamento di papa Francesco, che la pace è «dono di Dio», ma anche «opera della persona umana e frutto della cultura del dialogo e dell'incontro». Occorre lavorare in modo interdisciplinare e mettere in dialogo più attori, esercitarsi nell’arte della pace, «migliorare il riconoscimento della dignità umana e rispettare il bene comune», ricordare, come diceva Paolo VI, che la pace richiede «lo sviluppo», il coinvolgimento «della persona per trasformare la creazione con il frutto del suo lavoro».
Nei quattro paragrafi del messaggio firmato, come di consueto, l’8 dicembre, Francesco affronta per ultimo il tema del lavoro, ma lo indica come «la base su cui costruire la giustizia e la solidarietà in ogni comunità».
«Il lavoro», ha aggiunto padre Fabio Baggio, sotto-segretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, «è un tema centrale del magistero di Papa Francesco» ed è anche la chiave per «la comprensione del fenomeno migratorio». Il dicastero, ha annunciato padre Baggio, «uscirà a breve con una riflessione sull'aumento dei conflitti e degli sfollamenti in questi mesi di pandemia». Occorre andare, ha aggiunto, «verso investimenti diversi da quello negli amrmaenti. Invece che in lavoro e in dignità del lavoratore si continua a investire in armamenti come se questi posteesero garantire maggiore sicurezza, ma vediamo che non è così».
Un tema che il Papa affronta, nel messaggio, nel paragrafo dedicato all'educazione. «Negli ultimi anni», denuncia il Pontefice, «è sensibilmente diminuito, a livello mondiale, il bilancio per l’istruzione e l’educazione, considerate spese piuttosto che investimenti. Eppure, esse costituiscono i vettori primari di uno sviluppo umano integrale: rendono la persona più libera e responsabile e sono indispensabili per la difesa e la promozione della pace. In altri termini, istruzione ed educazione sono le fondamenta di una società coesa, civile, in grado di generare speranza, ricchezza e progresso. Le spese militari, invece, sono aumentate, superando il livello registrato al termine della “guerra fredda”, e sembrano destinate a crescere in modo esorbitante». Per questo è «opportuno e urgente che quanti hanno responsabilità di governo elaborino politiche economiche che prevedano un’inversione del rapporto tra gli investimenti pubblici nell’educazione e i fondi destinati agli armamenti. D’altronde, il perseguimento di un reale processo di disarmo internazionale non può che arrecare grandi benefici allo sviluppo di popoli e nazioni, liberando risorse finanziarie da impiegare in maniera più appropriata per la salute, la scuola, le infrastrutture, la cura del territorio e così via».
D'altra parte, ha sottolineato Aboubakar Soumahoro, Presidente di Lega Braccianti e portavoce di Invisibili in Movimento, «mentre si continua a investire in armamenti ci sono quasi 100 milioni di persone in più nel mondo (secondo la Banca Mondiale) che vivono in stato di impoverimento a causa della pandemia da Covid-19. Sicuramente la pandemia avrà acuito lo stato di impoverimento ma si tratta di una condizione già preesistente. Parliamo di persone che non riescono a soddisfare i propri bisogni vitali e di quelli delle proprie famiglie a causa delle crescenti disuguaglianze materiali».
Per questo, come scrive il Papa, «è più che mai urgente promuovere in tutto il mondo condizioni lavorative decenti e dignitose, orientate al bene comune e alla salvaguardia del creato»