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domenica 27 aprile 2025
 
 

Perché i giornali cattolici danno fastidio

15/02/2012  Il Presidente della Federazione dei giornali diocesani (Fisc) interviene sull’attacco di Celentano a Sanremo contro Famiglia Cristiana e Avvenire.

Parlare per slogan. E’ un tipico vezzo italiano, un vizio che contagia molti. A volte si esprimono opinioni anche senza conoscere almeno con sufficienza ciò di cui si argomenta. Pare caduto in questa trappola anche Adriano Celentano che ieri sera dal palcoscenico di Sanremo si è scagliato contro Avvenire e Famiglia Cristiana che a suo avviso “andrebbero chiusi definitivamente perché si occupano di politica e di beghe del mondo anziché di cose confortanti che Dio ci ha promesso”. Ma non solo, il ‘molleggiato’ ha rincarato la dose definendo i due giornali cattolici “testate ipocrite”.

E’ diffusa nel nostro Paese un’altra idea: la Chiesa, i preti, i frati, i cattolici in genere vanno bene e con loro va condiviso ciò che pongono in essere purché si occupino degli ultimi e non intervengano sul resto. Sarebbe come dire: state in sacrestia a fare le vostre cose, semmai tornate utili se ci sono bisogni a cui rispondere. In questo senso vengono molto apprezzate l’accoglienza dei bambini soli, degli anziani da accudire, l’apertura e la gestione delle mense caritas, l’allestimento di alloggi per i senza tetto, solo per citare alcuni dei mille ambiti di impegno della Chiesa in Italia.

Celentano ha dato voce e ha amplificato questa mentalità che non vuole riconoscere una fede incarnata che implica la vita. Per questa mentalità non esiste un Dio che si è fatto uomo, un Gesù Cristo che si è occupato dell’uomo, che ha dato un senso all’agire umano. Secondo questo pensiero, la fede resta un fatto privato, al massimo con una valenza da ‘assistente sociale’.
Il resto, invece, non esisterebbe. Ecco perché danno fastidio giornali diffusi e che fanno opinione come Avvenire e Famiglia Cristiana, e localmente quindi, e per analogia, anche i settimanali diocesani che da sempre, per storia e per tradizione, oltre che per vocazione, si occupano di ogni vicenda che coinvolge l’uomo.
Sì, perché nell’uomo, in tutto l’uomo e in ogni uomo, è impresso il volto di Dio. Quindi l’uomo appartiene a Dio, come la moneta di Cesare, su cui è impressa l’immagine dell’imperatore, appartiene a Cesare.

Un’ultima annotazione. Gesù non è venuto sulla terra solo per annunciare che dopo la morte non è vero che non c’è più nulla, ma anche perché i suoi “abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” e per portare a chi lo segue, insieme a tribolazioni, “il centuplo quaggiù”.
L’esperienza cristiana è il meglio che ci possa capitare, dà senso pieno al nostro agire quotidiano. Forse questo sfugge a qualcuno. Ci dispiace. Non per questo rinunceremo alla nostra vocazione: dire una parola su tutto ciò che accade, nulla escluso, proprio come fanno da sempre Avvenire e Famiglia Cristiana e da ben oltre un secolo centinaia di giornali diocesani.

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