È stato il primo perdono
gratuito della Chiesa, considerato
semplicemente
dono del cielo. Sorride il
professor Stefano Brufani,
docente di Studi
francescani all’Università
di Perugia:
«Se Lutero ne
avesse conosciuto tutti i particolari
forse avrebbe mitigato la sua virulenza
nella lotta contro le indulgenze». È
il “Perdono di Assisi”, l’indulgenza
della Porziuncola.
Papa Francesco vi
andrà il 4 agosto e renderà omaggio
alla più stupefacente delle indulgenze,
nata ancor prima di quella classica
del primo Anno Santo indetto da Bonifacio
VIII nel 1300.
All’inizio si chiamava “Indulgenza
di Santa Maria degli Angeli”, poi divenne
il “Perdono di Assisi”, grazia di
misericordia annuale che rivoluzionò
non solo le vie dei pellegrini, ma anche l’idea stessa di pellegrinaggio, oltre a
sbaragliare la contabilità del peccato.
La storia dell’assoluta singolarità del
“Perdono di Assisi” si può leggere in
una magnifica mostra di documenti,
codici e libri giunti da archivi italiani
ed esteri, fra cui la Biblioteca Vaticana,
curata dal professor Brufani. Allestita
al Museo della Porziuncola, la mostra
racconta una storia affascinante
che percorre otto secoli, impresa insieme
teologica, spirituale ed economica,
che avrebbe potuto rompere la prassi
delle indulgenze-bancomat che nel
XIII secolo si stava drammaticamente
affermando e che poi andò degenerando
con le accuse di simonia, la Riforma
protestante e la Controriforma.
Fin dall’inizio fu un sovvertimento,
perché tutto nacque da un annuncio
incredibile per l’epoca: «Voglio
mandare tutti in Paradiso», sintesi
netta e precisa della predicazione della misericordia di Francesco d’Assisi. Ma
è anche la storia di un mistero e di un
espediente ingegnoso. Infatti manca
una carta all’origine del “Perdono
di Assisi”, mentre cresceva l’afflusso
di pellegrini e si concentrava nei primi
giorni di agosto.
Gli stessi Francescani
si impegnarono affannosamente, ma
non si trovava nulla. Così l’indulgenza
fu praticamente inventata, forse unico
caso nella storia della Chiesa dove la
memoria della tradizione viene costruita
a posteriori per non perdere il
contatto con la realtà della storia.
Eppure non si tratta di una mistificazione.
Dopo la morte di Francesco,
Assisi diventa meta di pellegrinaggi,
incentivati dalla sua fama. Le carte
topografiche cambiano e appare una
strada che devia dalla Francigena fin
sotto il Subasio. Nella mostra c’è l’originale
della prima carta d’Italia con
l’indicazione della Porziuncola.
Il motivo della concessione dell’indulgenza,
oltretutto gratuita, è oscuro.
Tuttavia la notizia, anch’essa incerta,
dell’incontro tra papa Onorio III e il
Poverello, nella valle di Assisi, portò
tutti a credere, con un effetto valanga
impossibile da fermare, che Francesco
chiese e Onorio concesse l’indulgenza
annuale. Fino ad allora per ottenere
l’indulgenza plenaria bisognava recarsi
a Gerusalemme con grave rischio.
Con il “Perdono di Assisi” tutto
viene stravolto: niente denaro, niente
armi, meno pericoli e più fede.
Ma bisogna certificare la cosa perché
a Roma alcuni cardinali sollevano
dubbi, preoccupati che l’indulgenza
gratuita provocasse uno sconquasso
nei forzieri.
E poi c’era Bonifacio VIII,
il quale aveva capito subito essere
quello delle indulgenze un capitolo
strategico, al punto da cercare di disinnescare
anche la “Perdonanza di
Collemaggio”, all’Aquila, appena avviata
e, con il primo Giubileo della
storia (1300), indirizzare la maggior
parte di pellegrini a Roma.
Ad Assisi il vescovo Teobaldo non
sapeva cosa fare, di fronte all’obiezione
che mancava una qualsiasi
lettera papale di concessione. E allora
inventò e mise per iscritto nel
1310 il documento che attesta il
“dono divino” del “Perdono di Assisi”,
un vero colpo di genio agiografico.
Teobaldo immagina che mentre
Francesco si congeda da Onorio, il
Papa lo richiami: «O semplicione,
dove vai? Che documento porti di
questa indulgenza?» E Francesco:
«Mi basta la vostra parola; se è opera
di Dio, Dio stesso deve manifestare
la sua opera. Non voglio nessun documento
di essa, ma la carta sia solo la
beata Vergine Maria, il notaio sia Gesù
Cristo e gli angeli siano testimoni».
Insomma, commenta il professor
Brufani, «Teobaldo inventò una
cancelleria celeste al posto di quella
pontificia, affidando l’indulgenza
alla volontà di Dio e sperando in una
sorta di silenzio-assenso da parte
della Santa Sede».
Il più era fatto,
ma il processo di accreditamento
non finì mai. Né alla serenità hanno
contribuito le risse nella famiglia
francescana, le divergenze tra frati e
i vescovi ad Assisi, il contrappunto
degli interessi tra nobili, le mire dei
banditi sulla massa dei pellegrini.
Sfamare e alloggiare e curare i pellegrini
nello “spedale” era un’operazione
complessa, costruita attorno a
bandi, statuti, regolamenti. Sessanta
uomini armati vegliavano sui giorni
dell’indulgenza, ai civili era vietato portare armi.
La devozione nel corso
dei secoli si è corrotta e nel 1701 il
ministro generale dei Conventuali,
padre Vincenzo Coronelli, decise di
porre rimedio alle deviazioni morali
allontanando giocolieri e prostitute
e ponendo fine alla pratica di offrire
rinfreschi a dame e cavalieri all’interno
della basilica.
Ma proprio quell’anno, nel giorno
del “Perdono” scoppiò una lite furibonda
durante un rinfresco e la chiesa
si trasformò in un campo di battaglia
che impegnò con le spade duecento cavalieri.
Dovette intervenire il presidio
dei soldati guidati da monsignor Giorgio
Spinola, governatore di Perugia.
Ebbero la meglio, ma uno di loro morì. Il vescovo bloccò la processione dei fedeli
e decise di riconsacrare la chiesa
profanata. Ma la folla premeva e la situazione
degenerò. Alla fine sul sagrato
vennero allineati 14 cadaveri.
Così il
vescovo di Assisi, monsignor Ottavio
Spader, emanò un editto nel quale si
stabiliva una sorta di perimetro sacro
di un miglio nel quale potevano entrare
soltanto i fedeli.
La devozione, quella vera, non cessò
mai, e il “Perdono di Assisi” è entrato
nella storia della Chiesa come opera
della misericordia gratuita di Dio.
Ne hanno scritto in tanti, dai mistici,
come Angela da Foligno, al grande
predicatore Bernardino da Siena al
cardinale Roberto Bellarmino. Paolo
VI cinquant’anni fa nella Lettera apostolica
Sacrosancta Portiunculae ecclesia
definì il pellegrinaggio ad Assisi un
invito alla conversione personale valido
anche nella Chiesa post-conciliare.
Il pellegrinaggio che ha deciso di fare
Francesco è il sigillo in questa lunga
storia. Che continua.
IL PROGRAMMA DELLA VISITA
Preghiera, silenzio e catechesi. Arriverà in elicottero alle 15,40
di giovedì 4 agosto. Quello che il Papa
compirà in occasione dell’ottavo
centenario del “Perdono di Assisi” sarà
un breve pellegrinaggio. Bergoglio vivrà
un momento di preghiera silenziosa
dentro la Porziuncola, al termine del
quale rifletterà su un brano evangelico
(Matteo 18,21-35). Salutati i vescovi
e i superiori degli Ordini francescani
presenti, il Santo Padre incontrerà
in infermeria i religiosi anziani e malati.
Poco dopo le 18 ripartirà in elicottero
alla volta del Vaticano.