Non ha i toni della festa, ma di un grande, sentito, ringraziamento. L’anniversario, il 75esimo, dell’Ispettorato della Polizia di Stato “Vaticano”, cade nel tempo di una pandemia non ancora superata. Nell’Aula Paolo VI si mantengono le distanze e si scoprono le foto, storiche, del servizio che gli uomini e le donne di pubblica sicurezza danno, dal 1945, alla Città del Vaticano. In seguito ai Patti Lateranensi (articolo 3), firmati nel 1929, e al decreto del Ministero dell’Interno del 10 marzo 1945, su piazza San Pietro e sul Papa, oltre alla gendarmeria vaticana, garantisce la sicurezza la polizia italiana. Veglia sul Papa da decenni. Anzi, sui Papi, sette in tutto da Pio XII a oggi. Un lavoro, come ha sottolineato papa Francesco, «che è discreto ed efficace».



Un impegno cambiato nel tempo, «soprattutto», spiega in un video il capo della Polizia Franco Gabrielli, «dopo l’attentato del 13 maggio 1981 a Giovanni Paolo II e all’11 settembre 2001. Siamo un presidio di legalità, ma dobbiamo agire anche con umanità. Tranne qualche possibile terrorista, la stragrande maggioranza di chi viene a San Pietro viene per fede. Questo va sempre ricordato». E della pazienza che la Polizia “Vaticana” usa con turisti e «preti» ringrazia anche papa Francesco. Arrivato con quasi un’ora di anticipo all’udienza, Bergoglio ringrazia funzionari e agenti «per il vostro prezioso servizio, caratterizzato da solerzia, professionalità e spirito di sacrificio. Soprattutto ammiro la pazienza che esercitate nel dover trattare con persone di provenienze e culture così diverse. E mi permetto di dire nel dover trattare con i preti!». Francesco estende la sua «riconoscenza anche al vostro impegno di accompagnarmi durante gli spostamenti a Roma e nelle visite a diocesi o comunità in Italia. Un lavoro difficile, che richiede discrezione ed equilibrio, per far sì che gli itinerari del Papa non perdano il loro specifico carattere di incontro col Popolo di Dio. Per tutto questo, ancora una volta vi sono grato».

 



Nel saluto iniziale il ministro dell’Interno Lamorgese, presenti anche Franco Gabrielli e Luigi Carnevale, il dirigente dell’Ispettorato, aveva sottolineato le difficoltà incontrate durante la pandemia, l’impegno delle forze di polizia, la disciplina dei cittadini e anche il progetto del nostro Paese di «combattere vecchie e nuove diseguaglianze», di lavorare per «curare il disagio delle periferie delle città e dell’anima». Tra i temi di consonanza con papa Francesco anche «l’accoglienza dei migranti, consapevoli», ha ricordato il ministro, «del ruolo prezioso che la comunità ecclesiale ha svolto, svolge e continuerà svolgere sul piano culturale, sociale e civile». 

Per ricordare il lavoro dell’Ispettorato da oggi è aperta in Vaticano una mostra con le foto più significative dei 75 anni.