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venerdì 13 settembre 2024
 
IL VIDEO
 

"Cari ragazzi, quando a 8 anni i genitori vi danno un telefono, vi consegnano un'arma"

16/12/2021  Il discorso tenuto in una scuola da Anna Curcuruto, sovrintendente della Polizia di Stato a Reggio Calabria, sta spopolando tra insegnanti e genitori. Dice cose dure e commoventi e le dice bene, con franchezza e sensibilità. Di seguito potete leggerle e ascoltarle direttamente

Anna Curcuruto, sovrintendente della Polizia di Stato a Reggio Calabria, da anni si occupa di cyberbullismo, va nelle scuole e da agente e da mamma parla con i ragazzi: sa farlo bene, non vola una mosca, sa essere convincente, commovente e dura quando serve. Uno dei suoi ultimi interventi, registrato probabilmente su un cellulare, da youtube è diventato virale sui social. Dice cose tostissime e le dice bene e a ragazzi che a occhio hanno 14-15 anni strappa l’applauso quando afferma: «i gruppi whatsapp delle mamme sono l’aberrazione del genere umano». Devono farci riflettere entrambe le cose. L’applauso e la frase. Nel video c’è il suo intervento e subito sotto la sua trascrizione.

DANDO UN TELEFONO AI BAMBINI DIAMO LORO UN'ARMA

  

«Ci ha telefonato una mamma disperata perché la figlia di 15 anni era disperata perché non riusciva ad accedere al proprio profilo Instagram», esordisce Anna Curcuruto «Ragazzi, mi sono fatta due domande, alle quali credo che non ci siano risposte. La prima è: perché una ragazzina di 15 anni si deve disperare per il problema dell’accesso a un profilo Instagram? La seconda è: perché una mamma si deve disperare perché la figlia di 15 anni si dispera per questa cosa? Rimango sempre molto interdetta e mi spiace di dover certe cose, perché forse io non sono la persona giusta. Ma vi assicuro che a 8 anni moltissimi bambini hanno un profilo social (l’età minima per legge è 14 anni ndr.)». Si mette dal punto di vista del genitore, anche Anna Curcuruto è mamma: «Questo significa che a 8 anni ti ho autorizzato a mentire per crearti un account. Il messaggio che ti sto dando a 8 anni è che se devi fare una cosa che ti conviene puoi anche mentire. Perché tanto non succede nulla. Poi non puoi più dire: sei troppo piccolo per fare certe cose. Ragazzi, il problema è che la famiglia non è più capace di dire no, abbiamo avuto mamme che ci rispondono che a 11 anni danno il telefono ai figli «perché altrimenti mio figlio dentro casa mi fa la guerra». Allora io mi chiedo: dove abbiamo sbagliato? Quando i vostri genitori vi danno in mano un telefono, vi stanno consegnando un’arma, le parole uccidono.

LE PAROLE UCCIDONO E NOI ANDIAMO OLTRE, AL PROSSIMO LIKE

Noi andiamo nelle scuole e abbiamo cominciato a dire i nomi dei ragazzi vittime di cyberbullismo e vorremmo che fossero messe le pietre d’inciampo per ogni ragazzo morto perché così ci ricorderemmo di loro e non sarebbero solo un articoletto di cronaca: Edith, 8 anni e mezzo, si è impiccata in un armadio. Matteo 11 anni, si è impiccato nella sede degli scout. Stefano, 17 anni, si è buttato giù da un ponte. Amanda, 16 anni, ha bevuto la candeggina perché le dicevano «fai schifo». Eliana, 15 anni, si è buttata sotto un treno, perché ha voluto che il suo corpo fosse fatto a pezzi perché la sua anima era già a pezzi. Ma noi non ce li ricordiamo, li lasciamo al loro trafiletto di cronaca e andiamo oltre: tutto quello che facciamo è mettere un “mi piace”, un “like”, un “fai schifo”, un “non vali niente”. E andiamo oltre e la gente ci muore, la gente si uccide e noi andiamo oltre. E i bambini non sanno neanche allacciarsi le scarpe perché i genitori sono troppo impegnati a dire cattiverie su un gruppo WhatsApp, i gruppi WhatsApp delle mamme, ragazzi, sono l’aberrazione del genere umano». È l’unica volta durante l’intervento che un applauso dei ragazzi la interrompe. «Abbiamo fatto un evento nel quale chiedevamo la liberatoria per fare delle fotografie, qualche mamma ha detto no, con i bambini di 11 anni non è il caso. Chiedevamo ai bambini chi di loro avesse un account social o chi di loro avesse un canale Tik tok, lo avevano tutti. Allora la foto sul sito Questura di Reggio Calabria no, tuo figlio che balla sul canale Tik tok va bene. Io mi faccio davvero qualche domanda».

L'APPELLO AI RAGAZZI: "CONNETTETE IL CUORE"

  

Conclude con un appello al suo uditorio: «Ragazzi, io mi rivolgo a voi, siete più grandi: più consapevoli, proteggeteli perché hanno davvero bisogno, da soli non ce la fanno. Gli è stata data una Ferrari e non sono in grado neanche di arrivare ai pedali. Non dovremmo essere qua, io non dovrei essere qua a rendervi venti minuti tristi quando fino a cinque minuti fa ridevate, vogliamo venire nelle scuole semplicemente a ripetervi: “Ragazzi, quando accendete il telefono, connettetevi con il mondo e soprattutto connettete il cuore. E ricordate, sempre, qualsiasi cosa facciate, adesso e sempre nella vita: “io sono l’altro”».

 
 
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