Amici e conoscenti si sono meravigliati del fatto che papa Francesco, nell’Angelus di domenica 20 settembre non abbia neppure accennato all’anniversario dei 150 da Porta Pia, sottolineato in molti media cattolici ,e non viene considerato come momento decisivo per la Chiesa cattolica e lo Stato italiano. Ma lo stesso silenzio mi sembra eloquente. Ciò che è accaduto a Roma, a conclusione del Risorgimento italiano, per chi appartiene a un altro mondo (quello che Dvorak chiama “nuovo mondo” nella sua più nota sinfonia) in fondo accade in una realtà del tutto periferica e per certi aspetti irrilevante: l’Occidente europeo. E dunque, giustamente, non si parla di ciò che non si conosce o non si sperimenta come fondamentale. Tuttavia quella periferia, all’epoca, era considerata come il centro dell’universo cattolico.
Dunque ce ne dobbiamo occupare e dobbiamo pensare. Innanzitutto il rapporto fede/politica e, quindi, la laicità, che per noi è un valore irrinunziabile. L’evento ci ha liberati, in quanto ha liberato il papato dal potere temporale e contestualmente ha liberato noi credenti cattolici dalla fedeltà a un potere mondano, sia pure quello del successore di Pietro. In questo senso, va letto e interpretato l’evento, come suggerito e innescato dalla divina Provvidenza. Insomma il 20 settembre rappresenta la festa della nostra liberazione. E ciò anche in relazione alla definizione del dogma dell’infallibilità pontifica, promulgato il 18 luglio del 1870, da Concilio Ecumenico Vaticano I (costituzione dogmatica Pastor aeternus), sulle cui orme, si muoverà il Vaticano II, con buona pace dei suoi
denigratori. Si tratta dell’infallibilità, de rebus fidei et morum (ossia in materia di fede e di morale) di colui che si denomina servus servorum Dei (servo dei servi di Dio). Il suo servizio, non è quello di un monarca politico, ma si declina in ordine a ciò che dobbiamo credere e agire, se vogliamo porci alla sequela di Cristo Signore.
Libertà del Papa, quindi, che non essendo più un sovrano in senso mondano ad altro non dovrà rivolgersi, se non al ministero dell’unità nella carità. Infatti nella nostra esistenza non possiamo delegare il vero e il bene alle maggioranze volatili e ai dibattiti pubblici degli opinionisti e dei politici di turno. Libertà dei credenti, che devono sentirsi liberi di discutere e dibattere sulle posizioni del vescovo di Roma, allorché non riguardino questioni di fede e di morale. Tutto questo ci consegna l’Ottocento e coincide perfettamente col magistero dell’ultimo Concilio ecumenico. E la domanda, del tutto legittima, sul perché il vicario di Cristo debba essere anche capo di uno stato, va interpretata e riceve risposta nel senso che, anche questo suo ruolo, è a garanzia della nostra libertà. Solo se il papa non è cittadino (suddito) di un altro stato e quindi non necessitato ad obbedire a leggi promulgate da altri, possiamo con certezza aderire al suo insegnamento di persona libera, perché sovrana. E in tal senso potrebbe essere sovrano anche di una sola stanza o appartamentino monolocale, purché lì non esercitino altri il potere.
Il beato Antonio Rosmini, nella sua quarta piaga della santa Chiesa sosteneva la necessità di una chiesa libera, oltre che povera (quinta piaga) e indicava profeticamente a Pio IX la via da seguire quando gli chiedeva di rinunziare liberamente al potere temporale, che comunque gli sarebbe stato
tolto con la forza: il che si è verificato puntualmente 150 anni or sono, con grande sollievo di tutti. Ecco perché questo 20 settembre ci riempie di letizia come cittadini e come credenti e lo celebriamo, senza alcuna nostalgia di un passato, che fortunatamente non ritorna