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Quando i conventi di Roma salvarono gli ebrei

14/09/2023  È stato presentato alla stampa un Memoriale degli ebrei nascosti in chiese e conventi di Roma durante l’occupazione nazista. È frutto di un lavoro comune tra istituzioni cattoliche ed ebraiche

Cari amici lettori, il 7 settembre scorso è stato presentato alla stampa mondiale un Memoriale degli ebrei che, a partire dall’inizio delle deportazioni naziste nell’ex ghetto di Roma, furono nascosti in centinaia di comunità religiose, parrocchie e altri edifici ecclesiastici della capitale. L’elenco dettagliato delle persone che furono in questo modo salvate dai lager fu redatto dal padre gesuita Gozzelino Birolo, sulla base delle informazioni che giunsero tra l’estate 1944, subito dopo la liberazione di Roma, e i primi mesi del 1945.

La documentazione è conservata nell’archivio del Pontificio Istituto Biblico e da alcuni anni è stata sottoposta allo studio di esperti dello Yad Vashem di Gerusalemme, della Comunità ebraica di Roma e di chi da un ventennio sta studiando l’identificazione degli Istituti femminili e maschili che si prestarono all’accoglienza. Il ruolo che ebbero conventi e chiese romane nel dare aiuto agli ebrei perseguitati è piuttosto noto.

La novità di questo Memoriale risiede nell’elenco – nome per nome – di uomini, donne, anziani, ragazzi e bambini distribuiti in 155 diverse sedi di istituzioni religiose lì menzionate. Grazie allo studio dell’archivio della comunità ebraica è stato possibile rintracciare maggiori elementi sulle singole persone o su nuclei familiari, sulla loro collocazione sociale, sulla loro abitazione, sulle strategie di ricerca di un rifugio vicino o lontano da casa.

Ovviamente si tratta di una ricerca complessa, pertanto è solo all’inizio. In più, molte testimonianze di ebrei potranno ora trovare un riscontro più preciso, dal momento che non è rara una certa confusione sull’indicazione delle denominazioni degli istituti religiosi, a volte simili per chi non è abituato a riconoscerli. Lo studio congiunto da parte di tre autorevoli istituzioni culturali (Pontificio Istituto Biblico, Yad Vashem e Comunità ebraica di Roma) consente una maggiore precisione documentaria su un fatto che coinvolse molte comunità religiose, circa un terzo del totale di quelle presenti all’epoca nella capitale, oltre ad altre sedi ecclesiastiche.

Nella memoria diffusa delle famiglie ebraiche come in quella di anziani religiosi restano ricordi e a volte aneddoti che danno colore a quanto accadde nei mesi dell’occupazione nazifascista, ma ora si può meglio delineare il profilo delle persone. Il Memoriale sarà un prezioso strumento per gli storici e gli studiosi. Intanto, comunque, è confermato che più di 4 mila ebrei, nel momento della tragedia, trovarono rifugio in case e strutture religiose nel nome della carità e dell’imperativo morale di salvare vite umane ingiustamente perseguitate. Senza contare che la convivenza di ebrei in case religiose cattoliche, all’epoca decisamente inusuale, avvicinò – nel nome della comune umanità – persone di fedi che per secoli erano state lontane, estranee e diffidenti.

 
 
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