Cari amici lettori, ci sono storie potenti, capaci di toccarci nel profondo dell’anima, come quella di Davide Cerullo che vi presentiamo in questo numero (pag. 16). Da camorrista a credente in Gesù, ora impegnato per il bene e al servizio di altre persone: una storia di rinascita che dovrebbe ispirarci fiducia e speranza nel cambiamento possibile.
Cos’altro è la conversione se non un cambiamento – innescato da Dio certo – e cui noi, con la nostra libertà e responsabilità, nella fatica della vita, aderiamo piano piano? Siamo forse un po’ troppo abituati infatti a “sentire” la Quaresima come tempo di rinunce, piccole o grandi, penitenze, insomma di privazioni e sacrifici più che un tempo di cambiamento e di cammino. Ma potremmo – e dovremmo! – guardarla da un’altra prospettiva: la possibilità di tirare fuori il meglio di noi, che giace sopito. Ci sono potenzialità di bene, di vita, di amore, che rimangono sepolte in noi, inespresse… finché non vengono risvegliate. La Quaresima è il tempo per questo “risveglio”.
Leggendo di storie “eccezionali” come quella di Cerullo, siamo forse tentati di pensare che la nostra realtà è molto distante da un “esempio” così alto e – quindi – irraggiungibile. A volte siamo troppo pessimisti sulle nostre possibilità di cambiamento, anche minimo. È uno stato d’animo ben descritto dal teologo Romano Guardini in un bellissimo libretto del 1935, La vita della fede: «Nonostante lo scacco subìto restiamo fiduciosi per un certo periodo.
Diciamo a noi stessi: la prossima volta andrà meglio…. Poi, a poco a poco, diventiamo scettici e ci domandiamo sconsolati: dov’è dunque questa liberazione di cui parla la fede?... appaiono l’abitudine, la rassegnazione, la routine; e con angoscia disperata, ci si chiede: dov’è il rinnovamento di cui parla la fede?». Sono esperienze comuni nella vita di tutti noi credenti.
E vale ancora la risposta che dava allora Guardini, che sottolineava il legame tra fede e speranza: «La vita celeste è in noi anche se non la sentiamo; essa cresce, nonostante tutte le vanità dei nostri sforzi, grazie a Dio; a noi tocca di tenere duro, di avere pazienza e ricominciare sempre; ogni scoraggiamento, indurimento e sconfitta non sono semplice apparenza, ma verità amara, resistenza terribilmente ostinata della realtà profana alla redenzione.
Tuttavia questa vita interiore si sviluppa giacché, venuta dal cielo, essa trionfa del mondo». È, questo, l’atteggiamento della speranza cristiana, che sa che la “vittoria” non è di questo mondo, ma paradossalmente «è anche coscienza di vittoria e di cambiamento nonostante un’opposizione apparentemente terribile; essa è certezza della salvezza, nonostante l’obiezione del mondo che ne sentenzia l’impossibilità». La Quaresima in fondo è attraversare, con Cristo, questo intrico di luce e ombra che sono le nostre vite, certi che ci attende un destino di “risurrezione”.