Il 5 febbraio di 16 anni fa era una domenica. Nel pomeriggio don Andrea Santoro, sacerdote fidei donum della diocesi di Roma, veniva ucciso con due colpi di pistola alle spalle mentre pregava in ginocchio all’ultimo banco della sua parrocchia di Santa Maria a Trabzon, in Turchia. Aveva 60 anni e la Bibbia turca fra le mani, rimasta sfregiata da una delle due pallottole che gli hanno trapassato i polmoni: da due anni questo testo della Sacra Scrittura è esposto in una teca nella parrocchia romana Gesù di Nazareth, che lui guidò come pastore dal 1981 al 1993. Proprio in questa chiesa domenica 13 febbraio si terrà, alle ore 16, l’incontro dal titolo “Le Beatitudini. Vivere il cammino sinodale con l’aiuto di don Andrea”, al quale parteciperà Miriam Fioravanti, dell’équipe sinodale diocesana. «Un’occasione per ribadire il legame di mio fratello con la diocesi e con la Chiesa tutta: mediteremo su alcuni suoi scritti a commento delle Beatitudini. Fra la Sacra Scrittura e la sua persona c’è come una filigrana: era imbevuto della Bibbia, dall’inizio alla fine. Lettere, programmi pastorali, incontri, erano tutti incentrati sui testi biblici», ricorda la sorella Maddalena Santoro.
È uno dei tre appuntamenti organizzati dalla diocesi di Roma per tenerne viva ogni anno la memoria. Ieri sera, 4 febbraio, la parrocchia dei Santi Fabiano e Venanzio, di cui don Santoro fu parroco dal 1994 al 2000, ha ospitato la veglia di preghiera guidata dal rettore del Pontificio Seminario Romano Maggiore, don Gabriele Faraghini. Oggi, 5 febbraio, alle 19, nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme, il vescovo Benoni Ambarus presiederà la celebrazione eucaristica. Appuntamenti a cui invita anche l’Associazione intitolata a don Andrea, nata pochi mesi dopo la sua morte e animata instancabilmente da molti suoi ex-parrocchiani: «Tanti amici e fedeli chiedevano dopo il suo martirio di ricordarlo, conoscerlo ancora meglio attraverso i suoi scritti. Si sono avvicinate anche persone che sono venute a sapere della sua uccisione e volevano saperne di più. Come famiglia, riceviamo sempre tanti messaggi», racconta Maddalena, anticipando che a breve la salma del sacerdote dovrebbe essere traslata dalla tomba dei parroci al cimitero Verano in una delle cappelle laterali della parrocchia dei Santi Fabiano e Venanzio. «Si aspetta solo l’ultima autorizzazione del Comune di Roma, la diocesi da tempo ha dato il suo benestare alla nuova sepoltura su richiesta della parrocchia».
Negli anni precedenti alla pandemia, un piccolo gruppo dell’Associazione raggiungeva Trabzon per ricordare don Andrea nel luogo del suo martirio con un ritiro spirituale concluso da una celebrazione eucaristica nella chiesa di cui era stato pastore dal 2003; in Turchia era arrivato l’11 settembre del 2000: prima destinazione Urfa, l’antica Edessa. «Di solito eravamo una decina di persone e ci fermavamo per tre giorni, poi d’estate tornavamo per un pellegrinaggio più lungo. Purtroppo le condizioni attuali non lo permettono», riferisce Maddalena Santoro, che ha ricevuto un messaggio dal vescovo monsignor Massimiliano Palinuro, dal 14 settembre dello scorso anno vicario apostolico di Istanbul e amministratore apostolico di Costantinopoli, ma da oltre un decennio fidei donum in Turchia prima nell’arcidiocesi di Smirne e, dal 2018, nel vicariato apostolico dell’Anatolia, dov’è stato parroco proprio a Trebisonda, succedendo a don Santoro che subito dopo la morte era stato sostituito da un anziano sacerdote francese. «A Trabzon oggi, 5 febbraio, consegnerò alla comunità la giacca forata e faremo una giornata di ritiro domenica 6», ha annunciato il presule a Maddalena. Infatti la diocesi di Roma ha voluto donare alla parrocchia turca il giaccone bucato dai proiettili che don Andrea indossava al momento della sua uccisione, in precedenza custodito nel Seminario maggiore dove il sacerdote si era formato. Lì resta la sua Bibbia in italiano, tutta sottolineata, che alcuni fedeli chiedono di poter vedere. Mentre il calice e la patena della sua prima Messa sono esposti nella cappella dedicata ai martiri dell’Asia e del Medio Oriente all’interno della basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, santuario dei nuovi martiri del XX e XXI secolo.
Per l’Associazione don Andrea Santoro è importante «farne conoscere la spiritualità nella sua globalità, non solo nella sua vocazione particolare. Mio fratello era anzitutto un sacerdote diocesano, per 30 anni ha svolto il servizio di viceparroco e parroco a Roma. Anche nelle ultime lettere si firmava “prete romano fidei donum in Anatolia”, nonostante la sua spiritualità quasi monacale: apprezzava molto i Piccoli Fratelli di Charles de Foucauld e la Piccola Famiglia dell’Annunziata fondata da don Giuseppe Dossetti. Ma sentiva molto forte la diocesanità e ripeteva: “Le Chiese d’Oriente hanno bisogno di Roma, e viceversa”. Andrea era un sacerdote diocesano: questa la sua identità».