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sabato 14 dicembre 2024
 
 
Benessere

Renzo Arbore: "Lavoro, memoria e vita sociale: ecco le mie medicine"

17/04/2015  Suo padre lo avrebbe voluto dentista, ma il suo destino era nella musica. L’artista foggiano festeggia i cinquant’anni di carriera in piena forma e con il sorriso di sempre, grazie a uno stile di vita attento, agli amici e all’incessante attività mentale che lo tiene impegnato in mille progetti.

In una giornata di pioggia, ha un sorriso che gli illumina il viso abbronzato. Renzo Arbore, pantaloni verde chiaro e gilet verde scuro, cravatta con pagliuzze rosa, come la camicia, nato a Foggia e cittadino di Napoli, per anima e swing, a 77 anni custodisce uno sguardo ragazzino. E non si fa mancare gli impegni.

Da poco è uscito il suo disco, dal titolo… E pensare che dovevo fare il dentista…, gira il mondo con l’Orchestra italiana, da ben 25 anni, e ora, in questo 2015, festeggia 50 anni di carriera con un libro di racconti autobiografici (in uscita a ottobre per Rizzoli) e una mostra itinerante con le sue collezioni. In più, canta in un tour europeo.

- Renzo, in casa ha il mondo… Ha anche una stanza-palestra?

«Ho solo una cyclette, e non la “frequento” neppure con l’assiduità con cui dovrei. Quando posso preferisco fare lunghe passeggiate a Villa Glori o, semplicemente, camminare guardando le vetrine dei negozi. Faccio anche un po’ di fisioterapia, che pratico da solo a casa. Si tratta di alcuni esercizi che mi hanno consigliato di fare dopo l’operazione all’anca, che ho subito nel 2012, quando ho dovuto mettere una protesi per problemi alla cartilagine».

- Come fa a tenersi così in forma?

«Durante i concerti, faccio una bella attività fisica. Sto sul palco anche tre ore e mezza e quella è un’ottima ginnastica. Avere impegni aiuta a rimanere in forma. A volte mi capita di lavorare anche da casa con qualche diretta per la mia web Tv www.renzoarborechannel.tv assieme agli amici».

- Anche l’amicizia aiuta a mantenersi attivi… Quali sono gli amici che frequenta di più?


«Quelli di vecchia data sono sempre gli stessi: Luciano De Crescenzo, Marisa Laurito, Nino Frassica. Poi stimo molto Lillo e Greg, Ficarra e Picone, Elio… Con loro c’è sintonia».

- Ha sintonia anche con i medici o li frequenta poco?

«Ho molti fan tra i medici. Qualcuno mi ha anche confessato di fare operazioni ascoltando le mie canzoni. Ho ammirazione per i dottori. Mio padre era dentista e avrebbe voluto che io seguissi la sua strada e facessi la sua professione. Ci ha pure provato, portandomi nel suo studio, facendomi indossare il camice bianco e cercando di farmi capire che avrei potuto dargli una mano. Ma io collezionavo svenimenti solo alla vista di una goccia di sangue. Così poi mi sono laureato in giurisprudenza, a Napoli. I medici curano la salute del corpo, i magistrati dovrebbero curare quella dello spirito e della vita civile. Poi c’è la religione, ma questa è un’altra cosa».

- A proposito, le piace lo stile di papa Francesco?


«Sì. Ma io resto legato a papa Luciani. Ero affascinato dalla sua figura».

- Dottor Arbore, lei come si cura?


«Mi curo abolendo alcuni classici vizi. Non fumo da parecchio tempo e sto lontano dall’alcol. In compenso, bevo moltissima acqua. Soprattutto, cerco di far lavorare il cervello. Il lavoro ti mantiene attivo».

- In teatro e durante i concerti, spesso ironizza sulla perdita della memoria come conseguenza dell’età. È una piccola verità?


«Il mio segno zodiacale è il cancro, e anche per questo per me il passato e i ricordi sono importanti. Pavento la perdita della memoria, e così sul palco gioco su questa paura. Per fortuna, sono ancora nell’età in cui mi ricordo tutto. Anzi, devo trovare il modo di fissare i ricordi, prima che svaniscano. Si dice historia magistra vitae, ma io dico anche memoria magistra vitae».

- Sta attento all’alimentazione?

«Mangio poca carne rossa, giusto polpette e hamburger. Il barbecue non mi conquista. A tavola uso volentieri l’olio extravergine d’oliva, eccellente antiossidante. Uno dei miei piatti preferiti è il pancotto pugliese: è una ricetta semplice, d’origine contadina, a base di rucola, patate, pane. È un’ottima pietanza che si prepara così: si fanno lessare patate e rucola, poi si passano in padella con un po’ di sale, pane raffermo e olio».

- È mai stato dall’analista?

«Mai. Quando mi sento un po’ giù, mi rifugio in me stesso e aspetto che la malinconia passi. In fondo, sono un tipo espansivo, positivo. Certo, non mi sono mancati i grandi dolori. Ma devo affrontarli e scontarli da solo».

- Magari c’entra anche qualche rimpianto. Magari anche quello di non aver avuto figli…


«Questo rimpianto ce l’ho. Quando era il tempo giusto per avere figli, mi sono distratto, preso dall’euforia del successo. Ma ho avuto molto dalla vita e ora mi consola l’affetto del pubblico. Nella terza stagione della mia vita, tutti sono molto generosi con me, mostrano gratitudine per quello che ho fatto in Tv, in radio, in campo musicale. Forse l’età della maturità ispira più simpatia».

- Lei appare sempre solare. Le capita di avere, come si dice in napole tano, “o’ core scuro”?


«Mi capita. E per tanti motivi. Per esempio, mi intristisce molto vedere bambini sordi e ciechi, come quelli di cui si occupa da 50 anni la Lega del filo d’oro, associazione di cui io sono da 25 anni testimonial. Riescono a incupirmi anche le ingiustizie che riguardano i migranti. Mi sento molto vicino a loro. Sono esattamente come noi italiani che per tanti anni siamo partiti verso nuovi Paesi e nuovi mondi in cerca di un futuro».

- Di solito, al mattino si sveglia allegro o di malumore?


«La malinconia ogni tanto mi fa compagnia, infatti lo ha detto anche Roberto Benigni, “anche Arbore c’ha le sue belle malinconie”».

Però poi, Arbore sorride. Anche delle tristezze. Le custodisce, e un po’ le nasconde, dentro di sé. Anche quando osserva con sguardo di meraviglia infantile una farfalla di plastica impegnata in un volo meccanico e infinito su una piantina di ortensie. Anche questa di plastica.

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