Concetta non chiede l’elemosina, ma lavora come stilista a Isernia. Manuel fa l’infermiere a Sant'Angelo, Susi è barista a Lucca. E ancora Dolores, videomaker, Claudia, attrice, Laura regista e Rebecca pittrice. E tanti altri che lavorano “mimetizzati” in mezzo a noi, orgogliosi della loro origine e della loro cultura sinta e rom. Le loro foto, scattate sul posto di lavoro in diverse città italiane, sono diventate una mostra itinerante. Si chiama “Viaggio tra Rom e Sinti nell’Italia che lavora” e fino al 5 maggio si può visitare a Bologna nel quadriportico del poliambulatorio "Saragozza", area monumentale Roncati, via Sant’Isaia numero 90.
Dietro ogni scatto fotografico c’è una storia che merita di essere raccontata. La mostra, organizzata con il contributo di Roma Matrix (Mutual Action Targeting Racism Intolerance and Xenophobia), un progetto co-finanziato dal Programma Europeo Diritti Fondamentali e Cittadinanza e con il Comune di Bologna come partner, si propone di rompere un pregiudizio ancora molto diffuso, per cui rom e sinti sono visti, ingiustamente, solo come persone che rubano o chiedono l’elemosina. Uno stereotipo che si contrappone a una realtà che oggi è molto diversa.
Almeno 130.000 rom e sinti, infatti, vivono nel nostro paese svolgendo un lavoro regolare e pagando le tasse, in abitazioni normalissime. Solo uno su cinque vive nei campi nomadi.