Il balcone di Giulietta a Verona
Il governatore repubblicano della Flordia, Ron DeSantis che aspira a essere il prossimo sfidante di Joe Biden alle presidenziali, ha varato un provvedimento che stabilisce come i temi sessuali possono essere affrontati fra i banchi di scuola solo durante lezioni dedicate alla salute. I responsabili del distretto scolastico della contea di Hillsborough sono stati così solerti nell’interpretare questa norma da vietare la lettura di Romeo e Giulietta e censurare parte di Macbeth e Amleto. Che cosa si imputa alla tragedia immortale di Shakespeare? Di descrivere in modo troppo spinto scene di sesso, in particolare riferendosi alla notte d’amore che i due innamorati passano insieme. Non è la prima volta che dei classici indiscussi della letteratura entrano nel mirino della censura, o meglio della cosiddetta cancel culture. Contraddizioni di una nazione puritana in cui il perbenismo convive con gli eccessi più estremi della libertà sessuale. Ma anche l’Europa non è esente dalla tentazione di rivedere i classici in virtù magari del politicamente corretto. Abbiamo chiesto consa ne pensa a Marco Erba, professore di lettere in un liceo della provincia milanese e scrittore di romanzi di successo per adolescenti.
«La censura di un'opera è una follia. Premettendo l'ovvio, cioè che è giusto porsi il problema su quale sia l'età opportuna per leggere certe opere (è evidente che è prematuro far leggere, ad esempio, Il Piacere di D'Annunzio in prima media), credo che il compito della scuola non sia nascondere, ma contestualizzare, per generare senso critico. Se mi limito a nascondere ciò che ritengo inopportuno, rischio di porre studentesse e studenti sotto una campana di vetro e ciò, oltre a non farli crescere, è inutile: basta possedere uno smartphone per essere inondati a qualsiasi ora di contenuti di qualsiasi tipo. La strada vincente è un'altra: quella del senso critico, appunto. Discutendo di un autore o di un'opera a scuola posso spingere i ragazzi a riflettere, a sviluppare una loro visione del mondo, i loro valori, i loro parametri di giudizio, con i quali saper positivamente criticare ogni contenuto che incontreranno nella vita reale. Il problema che la censura di Shakespeare e la cancel culture in generale pongono, è che rimuovono invece di comprendere. Comprendere non significa giustificare, ma appropriarsi di una storia, custodendo ciò che c'è di prezioso per il domani. Cicerone e altri grandi autori classici possedevano schiavi, ma hanno scritto opere immortali. Vanno censurati in quanto schiavisti? Non credo sia questa la strada. Credo che invece la strada vincente sia il dialogo, la discussione, la comprensione dei pregi e dei limiti di ogni opera e di ogni epoca, nella quale, inevitabilmente, gli autori, in quanto esseri umani, hanno vissuto, subendone le influenze. Se vogliamo invece parlare di tutela delle persone, e in particolare dei minorenni, dovremmo chiederci quante volte permettiamo ai bambini di accedere a strumenti e contenuti che, per l'età, non sono ancora in grado di gestire. Quanti bambini delle elementari guardano da soli, senza un adulto, serie tv consigliate dai quattordici anni in su? A che età è opportuno possedere uno smartphone o attivare dei profili social? Discutiamo seriamente di questi temi, spesso presi sottogamba, se vogliamo tutelare i più piccoli, e lasciamo perdere la censura».