La giornata delle comunicazioni sociali di quest’anno ha forse attirato poco l’attenzione dei giornalisti, e di quelli che ritengono il lavoro un servizio alla Chiesa e alla società. Peccato, perché sovrastati da una comunicazione frenetica, spesso parziale, superficiale, violenta, ragionare su cosa significhi comunicare non è mai un esercizio ozioso. Chi cosa come quando perché, intanto: così si insegnava un tempo. Ma c’è altro che conta. Credo che le notizie vadano sempre date, eppure dipende dal modo. Esagerare, mettere alla
gogna, processare non sono compiti di un giornalista. Addentrarsi in particolari privati, intimi, che nulla hanno a che vedere con la notizia, non è compito di un giornalista. Neppure dare patenti di credibilità, di moralità, di coerenza. La notizia, possibilmente non copiata scartabellando in giro o carpendola ai colleghi. Chi cerca trova, ma bisogna cercare. La scrittura, concisa, senza fronzoli e autocompiacimenti, condizionata dalla scelta del mezzo. Sempre meno la carta stampata, purtroppo, sempre più la rete, dove si pescano conchiglie di valore e cocci. Dove la quantità soffoca e nasconde la qualità, chiedendo poco ragionamento e poco esercizio critico. La televisione e la radio? Ottima informazione, troppe volte faziosa, ideologica e tanto vacuo intrattenimento. I social: benedetti per come ci spalancano mondi lontani, ci portano in scenari impraticabili e ci danno il polso della verità. Ma non le performance culinarie o le televendite via Instagram
di celebri influencer. Parlo di giornalisti giovani, autonomi e spesso senza tutele che rischiano sui fronti più caldi. C’è però una parola che in nessuna scuola di scienze della comunicazione viene così nominata. È “cuore”. La usa il Papa, abile comunicatore, nel messaggio che ha consegnato per la citata Giornata delle comunicazioni sociali. È la chiave per parlare con slancio, libertà, efficacia alla gente. Non significa sentimento, istinto, ma un uso “largo” della ragione, che non si riduca alla tecnica. Vuol dire comprendere, rispettare, voler bene alle persone. Con apertura curiosa e positiva alle novità. È propria dell’uomo e nessuna macchina può eguagliarla. Certo, la macchina può aiutare la ricerca, il pensiero, ma non sostituire lo sguardo della persona, che va educata perché cresca in una società sempre più complessa. Per questo
la Chiesa riflette sulle immense possibilità dell’intelligenza artificiale. Per questo il Papa per la prima volta parteciperà a una riunione del G7 su questo tema. Peccato che proprio in questi giorni di tappe forzate verso le elezioni europee ci inondino di messaggi distraenti e distorti, un esempio lampante di cattiva o
strumentale comunicazione. Slogan, proclami, propaganda. Bonus sparsi qua e là da una parte. Patenti di superiorità etica e politica che pur in un recente passato non si sono mostrate dall’altra. Cuore, sempre meno. Tocca a noi scegliere. Informarsi è un lavoro, costa tempo e fatica. Spetta noi «diventare cibo per gli algoritmi o nutrire di libertà il proprio cuore».