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venerdì 25 aprile 2025
 
l'analisi
 

Se l'Europa si riarma

18/03/2025  L’illusione della pace garantita si sgretola sotto il peso delle crisi globali. Con il piano “Rearm” da 800 miliardi di euro, l’Unione Europea sceglie la via del riarmo, mentre torna il sogno di un esercito comune. Ma chi lo guiderà? E con quale scopo? Il dibattito si infiamma, tra il pragmatismo di Prodi, le perplessità sulla Nato e la strategia interventista di Macron, che sfida la Russia con l’ombra del nucleare

C’è sempre un momento in cui la storia accelera, e le illusioni si sgretolano. Per l’Europa quel momento è arrivato. Per anni si è cullata nell’illusione che la pace fosse un diritto acquisito, garantito dalle alleanze e dalla diplomazia. Ma la diplomazia in questi anni ha fallito completamente, dimostrando la sua totale inefficienza, insieme all’indebolimento delle grandi organizzazioni internazionali, a cominciare dall’Onu, che avrebbero dovuto garantire la pace.

E ora che fare? Il disimpegno del presidente americano Donald Trump sugli aiuti all’Ucraina e lo smarcamento di Washington dalla Nato spingono l’Europa a riarmarsi. E infatti così si chiama il colossale piano straordinario di investimenti in mezzi e attrezzature proposto dalla presidente della Commisione Ursula von der Leyen: “Rearm”, ovvero lo stanziamento di 800 miliardi di euro. Una montagna di denaro presa a debito, attraverso gli “eurobonds” con lucrosi sgravi fiscali, per la gioia dell’industria bellica. Il rigore, inflessibile persino quando si doveva investire su scuole e ospedali, come d’incanto non esiste più, per le armi si può fare un’eccezione. È il prezzo che l’Unione deve pagare per entrare da potenza e non da vaso di coccio nel nuovo ordine mondiale (la Russia, la Cina, gli Stati Uniti). Persino la rigorosissima Germania vara un piano di investimenti supplementare e rompe il tabù del deficit di bilancio. Un cambiamento epocale.

Insieme alle armi naturalmente c’è la questione dell’esercito. Gli avvenimenti dunque spingono verso il vecchio sogno dei padri fondatori dell’Europa, da De Gasperi a Monet, ad Adenauer: la formazione di un esercito europeo, a 75 anni dal Trattato di Roma. Lo vogliono (a parole) tutti i principali leader dei Paesi membri (a parte l’Ungheria di Orban). Anche Romano Prodi se lo augura. Per l’ex presidente della Commissione europea il riarmo è «un primo passo necessario, una tappa per arrivare alla difesa comune. Se si fa l’esercito europeo siamo talmente più forti e avanti della Russia che certamente si ferma. Altrimenti è probabile che abbia ragione Macron». Per Prodi l’esercito comune sarebbe il migliore strumento per «garantire la nostra sicurezza con spese limitate e nella tutela dei diritti maturati e delle conquiste democratiche».

Ma la creazione di un esercito europeo è una faccenda a dir poco insidiosa. Come ha spiegato il generale Giorgio Battisti, presidente della Commissione militare del Comitato atlantico italiano, tutti i Paesi dell’Unione «sono inquadrati nel perimetro della Nato. Dove troviamo altro personale per una struttura europea parallela?». In questo momento ci sono 300 mila uomini e donne impegnati nella difesa Nato interforze dell’Europa. Dove se ne prendono altri 300 mila per formare un Corpo europeo di difesa? E non dobbiamo dimenticare che anche sul piano degli armamenti l’Europa dipende dagli Stati Uniti per il 64% dei suoi acquisti di materiale bellico, come indica il rapporto Sipri, l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma. Secondo Pieter Wiezeman del Sipri «i Paesi europei della Nato hanno tentato di ridurre la loro indipendenza dall’America e di rafforzare la propria industria della difesa, ma i rapporti translatantici in questo ambito sono profondamente radicati».

Ma la questione dell’esercito europeo e l’urgenza di formarlo si lega al suo uso. Si tratta solo di un esercito di difesa? Le posizioni sono molto ambigue, a cominciare dalla vicenda ucraina. Tocca all’Europa difendere i territori in cui si combatte da 3 anni? E come? Attraverso una forza di interposizione tra il fronte russo e quello di Kyiv – magari sotto l’egida dell’Onu – o, come fa intravvedere il presidente francese Emmanuel Macron, il più interventista, addirittura muovendo le truppe dietro l’esercito ucraino e quindi alleati diretti di Zelensky? Un’opzione pericolosissima, che ci porrebbe in guerra diretta con la Russia, portata avanti soprattutto dal presidente francese Macron, irriso da Putin come novello Napoleone. Macron offre anche un ombrello nucleare come scudo per il continente. La Francia è l’unica potenza europea che possiede l’arma atomica, insieme al Regno Unito. Una gentile offerta che nasconde la volontà di prendere il sopravvento sull’Europa?

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