Tutt’altro che conclusa l’odissea della Sea Watch 3 e dei suoi 42 migranti, sfiniti da una vicenda che sembra non finire mai: dopo l’inferno libico, la fuga via mare, il rischio di morire nel Mediterraneo, sono venute le due settimane di blocco, durante le quali, accampati di fortuna sul ponte della nave che li ha salvati, hanno atteso che si sbloccasse la situazione. Che non si è sbloccata.
La Sea Watch 3 ha continuato a girovagare sul limitare delle acque territoriali italiane fino al primo pomeriggio di oggi. Dopo di che la giovane capitana dell’imbarcazione, Carola Rackete, tedesca di 31, ha rotto gli indugi: «Forzo il blocco ed entro a Lampedusa, non ho altra scelta», ha detto. «Non è una provocazione ma una necessità. Sono responsabile delle 42 persone che ho a bordo e le devo condurre in un porto sicuro».
Nella foto: il gruppo di persone che da oltre una settimana dorme col parroco di Lampedusa, don Carmelo La Magra, sul sagrato della Chiesa. La Magra ha detto che continuerà a farlo finché i 42 migranti non saranno sbarcati.
E così ha fatto. Mentre scriviamo, la Sea Watch 3 è davanti al porto di Lampedusa, in attesa di poter sbarcare i naufraghi. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha già detto che non concederà l’autorizzazione a far scendere a terra i migranti.
Ricomincia, quindi, un nuovo braccio di ferro. Ancora una volta sulla pelle di quei 42 uomini, donne e bambini che dopo aver conosciuto la brutalità e le violenze delle carceri libiche, ora assistono a questo indecoroso balletto di silenzi, di un ministro italiano che se ne infischia del diritto internazionale sul soccorso in mare (la capitana Carola, dicono le norme, può ritenere assolta e conclusa l’operazione di salvataggio solo quando conduce i naufraghi in un porto sicuro), di un’Europa intera che si gira dall’altra parte, di una polemica politica sempre più rovente.
Mentre la nave olandese della Ong sta davanti all’isola italiana
stanno volando su Lampedusa diversi uomini politici italiani. Uno vi si trova già, Riccardo Magi, di + Europa. Gli altri vi giungeranno stasera: Matteo Orfini e Graziano Delrio del Pd, Nicola Fratoianni per Sinistra italiana, Beatrice Brignone di Possibile, Nico Stumpo di Articolo 1.
L'arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, con alcuni migranti nel capoluogo piemontese.
Le prossime ore e forse i prossimi giorni saranno tesissimi. Salvini ha dichiarato di essere pronto a schierare la forza pubblica, contro i 42 disperati a bordo della nave della Ong.
Intanto, l’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, ha ribadito che è pronto ad andare a prendere e ad accogliere nella sua diocesi i migranti. «Al centro ci sono le persone», ha aggiunto Nosiglia, «e noi non facciamo distinzioni tra italiani e stranieri. Se me lo consentiranno sono pronto ad andare a prendere le persone bloccate sulla nave e portarle qua».
Gianfranco Cattai, presidente di Focsiv, la rete che rapresenta un'ottantina di realtà del volontariato cattolico.
Sulla vicenda è intervenuto anche Gianfranco Cattai, presidente di Focsiv, la rete delle Ong e delle associazioni di matrice cristiana: «Di fronte al respingimento della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo in merito al ricorso della Sea Watch 3 nel quale si chiedeva di imporre al Governo italiano misure provvisorie per sospendere le conseguenze del Decreto Sicurezza bis, ciò che avrebbe consentito di far sbarcare i naufraghi in un porto italiano; di fronte all'invito della Corte comunque di dare la necessaria assistenza ai naufraghi; di fronte a quei 42 uomini e donne che da 14 giorni sono in balia del Mediterraneo senza orizzonti sicuri; di fronte a tutto questo la coscienza e il sentimento di humana pietas europea non trova più una sponda per giustificarsi».
«Fino a quando la politica del nostro Paese e l'indecisione dell'Unione Europea si piegherà e volterà la faccia?», ha proseguito Cattai.
«Non siamo più disposti a dover vedere le immagini di corpi naufraghi, come quella di stamane di un padre e una figlia di due anni morti al confine tra Messico e Stati Uniti, o di leggere la notizia del ritrovamento di un corpo di un giovane uomo rimasto impigliato nelle reti di peschereccio a largo delle coste agrigentine. Ci appelliamo agli uomini e donne che si stanno sedendo nel rinnovato Parlamento Europeo a trovare una reale e concreta soluzione che fermi in modo definitivo questa guerra contro l'Umanità. Servono, più che delle leggi, la comprensione di un fenomeno ineluttabile che non è predominante nel nostro Continente, occorrono delle risposte esaurienti e una visione rispetto al futuro dell'Europa sempre più anziano.
Si deve comprendere che “le persone e loro vite non possono mai divenire strumento di pressione in trattative e confronti tra Stati”, come ha sostenuto il Garante Nazionale dei Detenuti, Mauro Palma, nel suo esposto alla Procura di Roma. Siamo tutti chiamati ad aprire le nostre menti, a confrontarci, ad avviare un processo di integrazione e inclusione sociale.
Ad abbattere muri e a costruire ponti».