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sabato 17 maggio 2025
 
stati generali della natalità
 

«Senza bambini un Paese perde il suo desiderio di futuro»

10/05/2024  «Il numero delle nascite» ha detto papa Francesco intervenendo alla IV edizione degli Stati Generali della Natalità «è il primo indicatore della speranza di un popolo». Un futuro che si costruisce vecchi e giovani insieme: «memoria e coraggio. Per favore, non dimentichiamo i nonni»

Viene accolto dagli applausi papa Francesco alla IV edizione degli Stati Generali della Natalità e da un discorso grato e appassionato di Gigi De Palo che sottolinea come la sua presenza all’evento «dimostri cosa vuol dire mettersi in gioco, essere un leader al servizio del bene comune».

Il Pontefice è visibilmente a suo agio e motivato da un tema che gli sta molto a cuore, quello della natalità. «Ogni dono di un figlio ci ricorda che Dio ha fiducia nell’umanità come sottolinea il motto Esserci, più giovani più futuro» afferma Francesco. «Il nostro esserci non è frutto del caso. Dio ci ha voluti, ha un progetto grande e unico su ciascuno di noi nessuno escluso. In questa prospettiva è importante incontrarsi, lavorare insieme per promuovere la natalità con realismo, lungimiranza e coraggio.

Tra parole chiave: «Realismo.  In passato non sono mancati studi e che mettevano in guardia sul numero degli abitanti della terra perché la nascita dei troppi bambini avrebbe creato squilibri economici, mancanza di risorse e inquinamento. Mi ha sempre colpito constatare come queste tesi ormai datate e superate da tempo parlassero di esseri umani come se si trattasse di problemi. La vita umana non è un problema è un dono e alla base dell’inquinamento e della fame nel mondo non ci sono i bambini che nascono ma le scelte di chi pensa solo a se stesso, il delirio di una materialismo sfrenato, cieco, delirante di un consumismo che, come un virus malefico, intacca nella radice l’esistenza delle persone e della società.

Il problema non è quanti siamo al mondo, ma che mondo stiamo costruendo. Non sono i figli, ma l’egoismo che crea ingiustizie, strutture di peccato fino a intrecciare malsane interdipendenze tra sistemi sociali, economici e politici. L’egoismo rende sordi alla voce di Dio che ama per primo e insegna ad amare e alla voce dei fratelli che ci stanno accanto. Anestetizza il cuore e fa vivere le cose senza più far capire per cosa. Indurre ad avere tanti bene senza più saper fare il bene. Le case si riempiono di oggetti e si svuotano di figli, diventando luoghi molto tristi. Non mancano i cagnolini e i gatti, mancando i figli.  

Il problema del nostro mondo non sono i figli che nascono. Sono l’egoismo, il consumismo, l’individualismo che rendono le persone sazie, sole e infelici. Il numero delle nascite è il primo indicatore della speranza di un popolo, senza bambini e giovani un Paese perde il suo desiderio di futuro.

In italia, ad esempio, l’età media è di 47 anni. Ci sono Paesi in centro Africa che hanno età media di 24 anni e si continuano a segnare nuovi record negativi. Se dovessimo basarci su questo dato saremmo costretti a dire che l’Italia sta progressivamente perdendo la speranza nel domani. Il vecchio continente si trasforma sempre più in un continente vecchio, stanco e rassegnato così impegnato a esorcizzare le solitudini e le angosce da non sapere più gustare nella civiltà del dono, la vera bellezza della vita. Nonostante tante parole e impegno non si arriva a invertire la rotta, come mai non si riesce a frenare questa emorragia di vita? C’è un dato che mi ha detto uno studioso della demografia. in questo momento gli investimenti che danno più reddito sono la fabbrica di armi e gli anticoncezionali. Uno distrugge la vita, l’altro impedisce la vita».

Ed ecco la seconda parola chiave, la lungimiranza. «La questione è complessa, ma non può e non deve diventare un alibi per non affrontarla. Serve lungimiranza che è la seconda parola-chiave. A livello istituzionale, urgono politiche efficaci, scelte coraggiose, concrete e di lungo termine, per seminare oggi affinché i figli possano raccogliere domani. C’è bisogno di un impegno maggiore da parte di tutti i governi, perché le giovani generazioni vengano messe nelle condizioni di poter realizzare i propri legittimi sogni. Si tratta di attuare serie ed efficaci scelte in favore della famiglia. Ad esempio, porre una madre nella condizione di non dover scegliere tra lavoro e cura dei figli; oppure liberare tante giovani coppie dalla zavorra della precarietà occupazionale e dell’impossibilità di acquistare una casa.

È poi importante promuovere, a livello sociale, una cultura della generosità e della solidarietà intergenerazionale, per rivedere abitudini e stili di vita, rinunciando a ciò che è superfluo allo scopo di dare ai più giovani una speranza per il domani, come avviene in tante famiglie. Non dimentichiamolo: il futuro di figli e nipoti si costruisce anche con le schiene doloranti per anni di fatica e con i sacrifici nascosti di genitori e nonni, nel cui abbraccio c’è il dono silenzioso e discreto del lavoro di una vita intera. E d’altra parte, il riconoscimento e la gratitudine verso di loro da parte di chi cresce sono la sana risposta che, come l’acqua unita al cemento, rende solida e forte la società. Questi sono i valori da sostenere, questa è la cultura da diffondere, se vogliamo avere un domani.

Una bimba si avvicina durante l'intervento del Santo Padre (foto Vatican Media)
Una bimba si avvicina durante l'intervento del Santo Padre (foto Vatican Media)

Terza e ultima parola, «il coraggio. E qui mi rivolgo particolarmente ai giovani. So che per molti di voi il futuro può apparire inquietante, e che tra denatalità, guerre, pandemie e mutamenti climatici non è facile mantenere viva la speranza. Ma non arrendetevi, abbiate fiducia, perché il domani non è qualcosa di ineluttabile: lo costruiamo insieme, e in questo “insieme” prima di tutto troviamo il Signore. È Lui che, nel Vangelo, ci insegna quel “ma io vi dico” che cambia le cose: un “ma” che profuma di salvezza, che prepara un “fuori schema”, una rottura. Facciamo nostro questo “ma”, tutti, qui e ora. Non rassegniamoci a un copione già scritto da altri, mettiamoci a remare per invertire la rotta, anche a costo di andare controcorrente! Come fanno le mamme e i papà della Fondazione per la Natalità, che ogni anno organizzano questo evento, questo “cantiere di speranza” che ci aiuta a pensare, e che cresce, coinvolgendo sempre più il mondo della politica, delle imprese, delle banche, dello sport, dello spettacolo e del giornalismo.

Ma il futuro non si costruisce solo facendo figli, manca un’altra parte molto importante. I nonni. Oggi c’è una cultura di nascondere i nonni, mandarli alla casa di riposo. Adesso è cambiata un po’ la questione per la pensione (sorride il Santo Padre)… ma la tendenza è quella: scartare i nonni. Mi viene in mente una bella storia. Una famiglia, il nonno vive con loro ma col tempo invecchia. Mangia e si sporca e il papà fa costruire un tavolino in cucina per far mangiare il nonno da solo e poter invitare gente. Un giorno torna a casa e trova il figlio che lavora col legno. Gli chiede: “ma cosa stai facendo?”. “Un tavolino, papà, per quando sarai vecchio”. Per favore non dimentichiamo i nonni. Quando visitavo le case di risposo chiedevo sempre “quanti figli ha?”, “tanti”; e “Vengono a trovarla?”; “sempre”. Poi uscivo e gli infermieri mi dicevano che non venivano mai. I nonni soli, scartati: questo è un suicidio culturale. Il futuro lo fanno i giovani e i vecchi insieme. Il coraggio e la memoria insieme».

È accorato l’appello di papa Francesco per i nonni. «Per favore parlando di natalità parliamo anche dei nonni che non sono al passato, ma aiutano anche al futuro. Per favore abbiamo figli, tanti ma abbiamo anche cura dei nonni».

Sui saluti si lascia andare a un aneddoto divertente. «Cari amici vi ringrazio per quello che fate, grazie Gigi per il tuo coraggio.Vi sono vicino e vi accompagno con la mia preghiera. per favore vi chiedo di pregare per me ma a favore non contro.

A favore e non contro. Lo dico perché una volta, stavo finendo un’udienza, e a venti metri dalla rete si è avvicinata una vecchietta piccolina con occhi bellissimi. Le ho chiesto “quanti anni ha?”. “87”. “Ma cosa mangia per essere così forte?”, “mangio i ravioli, li faccio io” e voleva darmi la ricetta. Le ho detto “Signora, preghi per me” e lei “lo faccio tutti i giorni” e io per scherzare ho aggiunto: “a favore, non contro”. E lei mi ha risposto: “stia attento Padre, contro pregano lì dentro”. Furba eh, un po’ anticlericale! Per favore, a favore non contro!».

Alla fine tre mamme col pancione si sono avvicinate a papa Francesco per donargli una pianta. Perché la speranza si semina oggi.

Foto di copertina, Cristian Gennari

 

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