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martedì 29 aprile 2025
 
Elezioni & scenari
 

«Nessuno vince? Meglio larghe intese che nuovo voto»

21/02/2018  Il gesuita Francesco Occhetta, notista politico de "La Civiltà Cattolica", ribadisce su "Famiglia Cristiana" il bisogno di garantire all'Italia una guida stabile: a costo di far andare a braccetto Pd e Forza Italia

Il gesuita padre Francesco Occhetta
Il gesuita padre Francesco Occhetta

Quando nella storia i populismi ritornano, sono come burrasche che si infrangono su Governi e istituzioni. Di recente, i Governi che si sono formati in Spagna, Germania, Francia e persino in Gran Bretagna dopo la Brexit hanno fatto i conti con questa ondata culturale, che nega il pluralismo e le minoranze, venera i leader come padri e padroni, esalta il nazionalismo, ignora gli enti intermedi sociali, propone forme di democrazia diretta e crea la pubblica opinione attraverso appelli a emozioni e a credenze personali. Il colpo d’ali che ha reso possibile questi Governi è stato una visione politica presbite, la €fiducia di guardare lontano per costruire insieme un’Eurozona che superi quella dei trattati e dei vincoli.

In Italia, un voto presbite per attraversare la burrasca dei populismi e dei rigurgiti fascisti è garantito da tre condizioni. Anzitutto, il ritorno alla responsabilità e alla partecipazione al voto: l’astensione è una rinuncia al cambiamento. Limitarsi al lamento signi€fica cedere al pro€filo dell’«analfabeta politico», dalla cui «ignoranza politica – scrive Bertolt Brecht – nasce la prostituta, il bambino abbandonato, l’assaltante, il peggiore di tutti i banditi, che è il politico imbroglione, il ma€fioso corrotto». Occorre scegliere forze politiche che, invece di distruggere, hanno dato prova di costruire e poi votare candidati af€fidabili, valutandoli non in base a ciò che promettono, ma sul «come e cosa» hanno realizzato.

I QUATTRO PRINCIPI DEL BUON GOVERNO

Per la Chiesa, un buon Governo è quello capace di realizzare quattro princìpi: la difesa della dignità della persona, la costruzione del bene comune, la sussidiarietà e la solidarietà. Difesa e sicurezza, occupazione e gestione dell’innovazione tecnologica, la green economy e una società in cui, su quattro lavoratori tre sono pensionati, hanno bisogno di più sovranità europea e di meno sovranità nazionale. Il discorso sull’Europa fatto dal presidente francese Macron alla Sorbona, il 26 settembre scorso, costituisce l’orizzonte a cui deve rivolgersi anche l’Italia. Esiste un’alternativa sola: il nazionalismo.

Alle forze politiche – sono 34 le liste presenti nella campagna elettorale – è richiesto un plus di responsabilità per il bene del Paese. Persino Machiavelli credeva fosse meglio governare uniti dallo stesso fine condiviso piuttosto di imporsi con bande di mercenari che per difendere l’interesse di pochi fanno il male di molti.

È per questo che, al di là delle coalizioni elettorali, il nuovo Governo potrebbe essere garantito da una coalizione parlamentare di coesione sociale di larghe intese, espressione dell’area moderata. In questo caso, i leader dei partiti diventerebbero i garanti, ma non i protagonisti, di un’operazione politica più larga. L’Europa ci chiede premier credibili e riconosciuti, come potrebbero essere Gentiloni o Tajani, e ministri competenti. In gioco c’è il futuro delle giovani generazioni.

 

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