Da stamina ai vaccini, passando per tutte le questioni attinenti alla scienza, alle cure e alla salute delle persone, abbiamo un problema che riguarda l’informazione e chi ne fruisce. O smettiamo di applicare la par condicio alla scienza, come se fosse un’opinione o diamo un’informazione distorta, anche se lo facciamo in perfetta buona fede.
La politica ci ha insegnato (e il bipolarismo ne ha fatta anche una questione legale) che un’informazione attendibile e completa passa per l’ascolto e per il dare voce a tutte le campane. È vero, ma è vero per le opinioni, se lo facciamo con la scienza facciamo un errore. La scienza è tale non per i risultati (che in presenza di evidenze nuove possono evolversi e cambiare) ma per il metodo, che non si basa sulle sensazioni ma sulle evidenze statistiche e deve poter essere verificabile e ripetibile dalla comunità scientifica. Chi fa qualcosa al di fuori di questo metodo e ne decanta i risultati non fa scienza. Così è dai tempi di Galileo e non possiamo permetterci di tornare indietro sulla pelle delle persone.
Capita spesso che si senta parlare di scienza “ufficiale”: altro errore, la scienza è tale senza aggettivi, se non è ufficiale non è scienza. Punto.
La scienza evolve, la scienza può sbagliare, la scienza deve progredire. E infatti quando arriva uno che scopre qualcosa di nuovo, di significativo ed efficace, in grado di modificare il corso delle conoscenze al momento acquisite avvalendosi delle evidenze del metodo scientifico, la comunità scientifica lo segue, anche perché ha tutto l’interesse a non restare indietro. Per questo dobbiamo dubitare ogni volta che qualcuno si accredita come scienziato perseguitato dalla comunità scientifica, perché è probabile che tanto scienziato non sia.
Se scaviamo nel nostro passato, probabilmente troviamo in molti un’avola che non credeva che la terra girasse attorno al sole, perché nella sua esperienza empirica non vedeva il Po passarle davanti quando sferruzzava seduta sul barchessale. Che servizio le avremmo reso se, invece di spiegarle che non lo vedeva perché con la terra stava girando anche lei, avessimo chiamato al suo cospetto a scannarsi uno che diceva “sì, è scienza: la terra gira attorno al sole” e uno che diceva: ”no, è il sole che gira attorno alla terra, perché tutti lo vedono girare, anche la nonna”?
Ogni volta che mettiamo a confronto due voci contrapposte, diamo alle persone la sensazione che la comunità scientifica sia divisa a metà. Se lo è davvero e gli scienziati si dividono 50% e 50%, va bene (ma raramente un dibattito così fa notizia). Invece ogni volta che noi mettiamo a confronto due voci, mentre la comunità scientifica sta 99% a 1%, o comunque molto sbilanciata, noi rischiamo di accreditare- magari in buona fede - se non proprio un ciarlatano, un inaffidabile. Perché se quel 99% di scienziati su quel tema non si rimette in discussione vuol dire che stiamo confrontando due voci così diverse da non essere paragonabili, perché la prima accredita una conoscenza scientifica, la seconda una cosa in odore di bufala.
Quando diciamo che la scienza si fonda sull’evidenza statistica dei suoi risultati, significa che per fare un campione statisticamente attendibile non bastano le voci di un po’ di pazienti presi a caso, magari riuniti in un’associazione, che ritengono di essere stati danneggiati o migliorati da una certa procedura medica. Perché finché il metodo scientifico non dimostra che c’è un nesso di causa-effetto tra procedura e miglioramento/danno siamo nel campo del caso, delle sensazioni, perché non abbiamo alcun elemento che ci dica che quegli eventi positivi o negativi non si sarebbero verificati indipendentemente per conto loro. Forse è più facile con un esempio: a ciascuno di noi può succedere di uscire senza ombrello di veder cominciare a piovere dopo cinque minuti, ma nessuno di noi si sognerebbe di affermare con pretesa scientifica: “sono uscito senza ombrello e ho fatto piovere”, anche se così sembra. Perché sappiamo che uscita senza ombrello e pioggia coincidono, ma non sono l’una causa dell’altra.
Solo il metodo scientifico è in grado di dirci quale sia il rapporto costi/benefici di un atto medico, il resto è un salto nel vuoto. Si sente spesso dire che a certi si dà voce per compassione di chi non ha speranze, ma non è un buon servizio darli in pasto a chi potrebbe approfittare della loro disperazione. L’unica via è scegliere solo interlocutori affidabili ed esperti, per comptenza e per curriculum, e avere il coraggio di non dare vetrina agli altri anche se al pubblico potrebbero piacere.
Ps. C’è sempre in questi casi chi contrappone l’argomento dell’interesse economico della ricerca. Certo, esiste. Serve trasparenza. Ma la ricerca scientifica seria costa, senza soldi non si fa. E se qualcuno pretende di venderci ricerca fatta a buon mercato nei sottoscala ci vende fumo: è solo l’ennesimo Dulcamara che senza soldi ne vuole fare a nostre spese con l’elisir d’amore.