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lunedì 14 ottobre 2024
 
 

Sorge: come stare in Parlamento da cristiani

20/07/2013  Parla il direttore di Aggiornamenti sociali: servono cattolici ispirati alla dottrina sociale della Chiesa e alla Costituzione, ma con una forte autonomia laicale e una sicura indipendenza nei confronti della gerarchia.

«La diaspora dei cattolici in politica», spiega padre Bartolomeo Sorge, gesuita, politologo, già protagonista della «Primavera di Palermo», direttore di Aggiornamenti sociali e animatore del Centro San Fedele di Milano, «era inevitabile. I cattolici stavano uniti per motivi storici, non per motivi di fede. Per due ragioni: la presenza del comunismo fortissima (l’Italia aveva il Partito comunista più forte d’Occidente) e la necessità di instaurare la democrazia in Italia dopo il fascismo. Già De Gasperi, nel ‘48, confidava a un suo amico che per allora era bene che i cattolici stessero uniti nella Dc, ma che una volta finite le ragioni storiche di quella unità era inevitabile che accadesse in Italia ciò che era accaduto in Belgio, e cioè che i cattolici progressisti si distinguessero dai conservatori. La Dc non era un partito, già Sturzo la definiva un coacervo di partiti. Gli andreottiani non avevano nulla a che vedere con la sinistra di base di Albertino Marcora o con Forze Nuove di Donat Cattin. Stessi ideali (argine al Pci e democrazia) ma partiti molto diversi. Era inevitabile la diaspora dopo il crollo del muro. Il vero problema non è la fine della Dc, ma il fatto che i cattolici non hanno ancora trovato il modo di rendersi presenti in politica nella società pluralistica e post ideologica».   

Ma se l’esperienza della Dc è finita per sempre, come dicono tutti, e il bipolarismo ha reso i cattolici irrilevanti, qual è la strada da intraprendere? «Bisognerebbe trovare un modo nuovo», prova a immaginare padre Sorge, «una presenza aperta, ispirata alla dottrina sociale della Chiesa e alla Costituzione, però con una forte autonomia laicale e una sicura indipendenza nei confronti della gerarchia, senza collateralismi nuovi. Questo modo nuovo non dev’essere necessariamente il partito, può essere una minoranza attiva e capace di incidere, di portare avanti il nuovo, salvaguardando la presenza dei veri partiti democratici. Una forma, un’esperienza, un nuovo modo di esser cristiano e fare politica. Come ad esempio quella di alcuni ministri del passato Governo dei tecnici di Mario Monti, che sono di estrazione cattolica ma non portano il distintivo. Ministri che hanno dato un segno ben visibile della dottrina sociale cattolica: pensiamo alla politica dell’accoglienza, della solidarietà, della cooperazione».

 
 
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